L'incontro, storico e senza precedenti, tra il grande ayatollah Sayyd Ali Al-Sistani è il momento culminante della seconda giornata di Papa Francesco in Iraq, il primo in un Paese a maggioranza sciita. Un faccia a faccia rigorosamente a porte chiuse, durato 45 minuti, tenuto a Najaf, la città santa dell'Islam sciita iracheno. Il grande ayatollah, 91 anni, riceve molto raramente ospiti, ma ha accettato di aprire straordinariamente le porte della sua abitazione al vescovo di Roma.
Il Papa lo ha ringraziato «perché, assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l'importanza dell'unità del popolo iracheno», ha riferito al termine della visita la sala stampa della Santa Sede. .
Francesco ha assicurato la sua preghiera «per un futuro di pace e di fraternità per l'amata terra irachena, per il Medio Oriente e per il mondo intero». Da parte sua Al-Sistani ha sottolineato l'importanza di «assicurare una vita nella pace e nella sicurezza ai cristiani iracheni garantendo i loro diritti costituzionali».
La massima autorità dell'Islam sciita ha parlato dell'ingiustizia, dell'oppressione, della povertà, della persecuzione religiosa e intellettuale, della soppressione delle libertà fondamentali e dell'assenza di giustizia sociale, e in particolare delle guerre, degli atti di violenza, dell'embargo economico e delle sofferenze dei molti popoli sfollati nella regione mediorientale e in particolare del popolo palestinese nei territori occupati da Israele. E ha sottolineato, Al-Sistani, il ruolo che i grandi leader religiosi e spirituali dovrebbero svolgere nel contrastare queste tragedie, esortando le grandi potenze a non far prevalere i propri interessi personali sui diritti dei popoli a vivere in libertà e dignità.
Dopo la visita a Najaf, Bergoglio si è recato a Ur, dove si è svolto un incontro interreligioso: «Qui, dove visse Abramo nostro padre ha detto - ci sembra di tornare a casa». E poi nuovo monito contro il fondamentalismo religioso: «Da questo luogo sorgivo di fede, affermiamo che Dio è misericordioso e che l'offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello.
Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. E noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione». Francesco ha poi celebrato la prima messa pubblica con un gruppo ristretto di fedeli.
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