Parla di «genocidio» Papa Francesco, del primo genocidio del ventesimo secolo. Lo fa riprendendo le parole di Giovanni Paolo II contenute nella dichiarazione comune firmata dal Papa polacco insieme a Karekin II, Catholicos della Chiesa armena. Si riferisce al massacro dei cristiani armeni, di cui ricorre quest'anno il centesimo anniversario, e per il quale il Papa argentino ha voluto celebrare una messa a San Pietro.
E ricorda, il Papa, i martiri di oggi: «Viviamo un tempo di guerra - ha detto all'inizio della celebrazione in Vaticano - una terza guerra mondiale a pezzi, in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione. Purtroppo ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi - decapitati, crocifissi, bruciati vivi - oppure costretti ad abbandonare la loro terra. Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio», accusa il Papa che torna con forza su un tema, quello dei cristiani perseguitati, a lui particolarmente caro: «C'è un silenzio complice di Caino che esclama: a me che importa? Sono forse io il custode di mio fratello?».
Il silenzio del mondo, la persecuzione dei cristiani, la barbarie e la violenza nei confronti delle minoranze. In pochi giorni - dal venerdì santo alla Pasqua fino alla celebrazione di ieri - il Papa gesuita non ha perso occasione per ricordare il sacrificio di tanti cristiani-martiri in ogni angolo del mondo, e per denunciare l'assordante silenzio dell'Occidente.
Bergoglio cita tre «grandi tragedie inaudite» del secolo scorso. «La prima, quella che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo» è quella del popolo armeno, prima nazione cristiana. Ricorda i «vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani ma anche bambini e malati» brutalmente uccisi. «Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo». Cita, poi, gli attuali «stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia». E poi arriva la condanna: «Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c'è chi cerca di eliminare i propri simili, con l'aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori».
Il Papa chiede di fare memoria di quei martiri. «Ricordarli è necessario, anzi doveroso perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita. Nascondere o negare il male - prosegue il Pontefice - è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla».
Il richiamo di Papa Francesco al «massacro», a «quell'immane e folle sterminio» di un milione e mezzo di cristiani avvenuto nel 1915 ad opera dell'Impero Ottomano, non lascia indifferente il governo turco. Immediata la reazione di Ankara che convoca il nunzio apostolico, monsignor Antonio Lucibello, per manifestargli la «forte irritazione» per le parole pronunciate da Bergoglio e richiama il proprio ambasciatore. E scoppia un vero e proprio incidente diplomatico tra Vaticano e Turchia. Ankara assicura che la posizione espressa da Papa Francesco provocherà un problema di fiducia nei rapporti con la Santa Sede. Anche il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, è intervenuto con un post sul proprio profilo Twitter: «La dichiarazione del Papa, che è lontana dalla realtà legale e storica, non può essere accettata. I leader religiosi non devono alimentare le tensioni e l'odio con affermazioni infondate».
Non è la prima volta che Bergoglio, da Papa, utilizza espressamente il termine genocidio. L'aveva già fatto nel 2013, ricevendo in Vaticano una delegazione di cattolici armeni.
In quell'occasione aveva utilizzato le stesse parole, definendo quel massacro il «primo genocidio del XX secolo» e facendo suo un intervento di Giovanni Paolo II. Ma ieri l'occasione solenne, davanti ai massimi rappresentanti della chiesa armena e del capo di Stato Serz Sargsyan, non è passata inosservata al governo turco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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