Applausi e standing ovation. Mai una sbavatura. Discorsi solenni, richiami potenti alla storia. Rievocazioni di un passato tragico e di battaglie che hanno cambiato i destini delle nazioni. Nella sua carriera di comico e attore, Volodymyr Zelensky ha preso in giro così a lungo la politica - i suoi tic, le sue cadute, miserie e derive corruttive - che ormai sa come interpretare la politica in maniera maledettamente seria. Parla al Bundestag e usa il simbolo della Cortina di ferro: «Herr Scholz, abbatta questo muro - dice al cancelliere - il muro che è «in mezzo all'Europa, tra libertà e catene». Lui, ebreo, tocca il «mai più» dell'Olocausto: «Prendo atto che queste parole sono prive di valore». Emoziona e smuove coscienze. Riapre i capitoli più dolorosi della storia. E al Congresso americano ricorda Pearl Harbor e l'11 settembre. «Il nostro Paese vive questa esperienza tutti i giorni». Cita Martin Luther King - «I have a dream» - per chiedere la no fly zone. A Westminster si rivolge ai deputati inglesi richiamando i grandi simboli della nazione, da Shakespeare - «Essere o non essere? L'Ucraina ha scelto di essere» - a Churchill: «Combatteremo per mare e per terra. Fino alla fine».
Un eloquio da manuale di comunicazione, rievocazioni storiche ad hoc per ciascun Paese che Zelensky vuole convincere a combattere per l'Ucraina. Frasi che arrivano dritte allo stomaco e suonano semplici ma efficaci per raggiungere mente e cuore degli interlocutori, nel tentativo di smuovere i leader del mondo occidentale che non vogliono sporcarsi le mani con il conflitto, per paura di una Terza guerra mondiale. È lo stile di discorsi che suonano come copioni ben scritti. Intercalati, in qualche occasione, da uno humour amaro, come quando a Joe Biden che gli offriva di lasciare Kiev, avrebbe risposto: «Non ho bisogno di un passaggio, ma di munizioni». E a Mario Draghi che si rammaricava di non averlo potuto sentire al telefono: «La prossima volta sposterò l'agenda di guerra».
È l'artista che si è fatto uomo di Stato. Il copione che diventa realtà. Zelensky lo aveva in parte già scritto quando è diventato strafamoso con la serie Servant of the People, (Servitore del Popolo), in cui vestiva i panni di un professore di storia, Vasyl, che addita la corruzione e viene davvero eletto presidente della Repubblica dopo un videomonologo diventato virale. Non sarà un caso che il presidente abbia scelto come primo consigliere Shefir Serhiy, fondatore con lui di Kvartal 95 Studio, la casa di produzione televisiva che hanno fatto nascere nel 2003, fino al successo della serie tv nel 2015 e alla vera elezione di Zelensky nel 2019. Uno sceneggiatore-produttore come braccio destro. Nelle produzioni televisive e nei palazzi della politica. Perché una buona comunicazione può essere un'arma più dirompente di mille bombe. E d'altra parte lo scopo della casa di produzione pensata da Zelensky è «rendere il mondo un posto migliore, più gentile e più gioioso con l'aiuto degli strumenti che abbiamo: l'umorismo e la creatività».
Ma la vita è sempre un po' peggio della fiction. Un anno e mezzo fa, il consigliere-sceneggiatore Shefir Serhiy - era il settembre 2021 - diventa obiettivo di un tentato omicidio. La sua macchina colpita da 10 proiettili non lontano da Kiev. «Mandarmi un messaggio sparando all'auto di un mio amico è debolezza», disse allora Zelensky, dopo che Mykhailo Podolyak, consigliere del capo ufficio alla presidenza, aveva avanzato sospetti che dietro il tentato omicidio ci fosse Mosca e le politiche del governo contro gli oligarchi. Ma tra intrattenimento, politica e realtà sembra non esserci più differenza nella vita di Zelensky. I piani si mischiano.
Ecco perché, mentre il presidente lotta per la sopravvivenza dell'Ucraina e parla al mondo con il coraggio e la verve di un protagonista della storia, società di oltre 20 Paesi stanno trattando con la svedese Eccho Rights per avere i diritti della sua serie tv (in Italia sono 3 o 4, fanno sapere da Stoccolma), mentre Netflix conferma che «Servitore del popolo» tornerà disponibile negli Usa. Zelensky star. Ma stavolta vuole che il copione che ha scritto entri nei libri di Storia.
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