Forse una lite, poi la colluttazione e i tre colpi esplosi contro il torace del fratello minore. Infine, il suicidio con un fucile. Questa, almeno, è la ricostruzione parziale della tragedia familiare che si è consumata nella serata di sabato alle porte di Verona.
Siamo alla periferia ovest della città scaligera e Patrizio ed Edoardo Baltieri, di 28 e 24 anni, sono soli in casa. Secondo le testimonianze dei vicini raccolte dagli inquirenti, intorno alle 19 nel quartiere risuonano quattro esplosioni, a poca distanza l'una dall'altra. Nessuno, però, ci fa troppo caso. Soltanto successivamente - è ormai ora di cena i genitori rientrano e fanno la tragica scoperta: mettendo piede nell'appartamento, il padre vede prima il corpo di Edoardo riverso a terra in una pozza di sangue, poi quello dilaniato dell'altro figlio Patrizio, che si era chiuso in camera. L'uomo chiama subito i soccorsi, mentre la moglie sotto choc resta sulla soglia. Quando sul posto arrivano - oltre agli operatori sanitari, gli agenti della polizia, il vicequestore vicario Girolamo Lacquaniti e il sostituto procuratore Carlo Boranga - la scena del delitto è difficile da descrivere e i genitori sono in preda alla disperazione.
Gli investigatori si sono messi subito al lavoro per cercare di ricostruire la dinamica e di capire il motivo di un gesto folle e difficile da comprendere. Hanno sentito conoscenti dei due giovani, i vicini di casa, altri possibili testimoni, ma nulla sembra dare una risposta al mistero dell'improvvisa esplosione di violenza.
Cosa ha indotto il 28enne Patrizio a freddare con tre colpi di pistola il fratello, per poi imbracciare il fucile, puntarlo alla testa e fare fuoco, chiuso in camera? I due fratelli conducevano vite separate, anche se vivevano sotto lo stesso tetto; secondo le voci di chi li frequentava, i rapporti tra di loro si potevano definire «freddi ma non tesi» ed erano stati segnati tristemente dalla morte di un terzo fratello, Leo, avvenuta cinque anni fa per leucemia. Ma, almeno apparentemente, non sembravano esserci motivi al punto di arrivare a litigi o a diverbi violenti. Nessuno dei due aveva mai avuto problemi ed «erano ragazzi normali», racconta un conoscente di entrambi.
Le due armi usate per l'omicidio-suicidio erano detenute legalmente da Patrizio, che aveva un regolare porto d'armi per il tiro al volo e per questo si era sottoposto con esito positivo - a tutte le visite di idoneità e ai test psicologici di legge. La sua vita era riservata, ma non isolata. Qui le opinioni dei conoscenti sono discordanti: secondo alcuni era diventato una sorta di «recluso», per altri era semplicemente un ragazzo introverso. Anche Edoardo conduceva un'esistenza caratterizzata dalla normalità e lavorava in un bar per mantenersi agli studi. La loro famiglia, invece, è nota e apprezzata nel quartiere, mentre il padre è impegnato in attività di volontariato della parrocchia. Un contesto familiare che dunque pare insospettabile; proprio per questo motivo sembra difficile arrivare a chiarire un movente certo.
Il magistrato ha intanto disposto l'autopsia, che chiarirà ulteriormente la dinamica della morte violenta dei due fratelli ma l'indagine sembra essersi fermata in un vicolo cieco.
Così, pare difficile riuscire ad arrivare ad una risposta che possa scacciare i tanti interrogativi che in queste ore riempiono la mente dei due genitori di Patrizio ed Edoardo. Una famiglia già segnata in passato da un grave lutto e ora devastata da un'impensabile tragedia.
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