Pd mai così unito, mai così diviso: ecco le correnti

Si va da Area riformista a Carta 22 aprile fino ai cattorenziani e i "renziani ortodossi". La geografia politica del partito dalla minoranza ai fedelissimi del premier

Pd mai così unito, mai così diviso: ecco le correnti

Il Senato in salsa renziana passa anche con i voti della minoranza che ora risulta più divisa che mai. La compattezza in Aula del Pd non si rispecchia nella realtà di un partito dove ogni giorno nasce una nuova corrente e non si distinguono più quelle vicine al premier Matteo Renzi da quelle di opposizione. Proviamo a ricapitolare, partendo proprio dalla minoranza.

La corrente più consistente è Area riformista che fa capo a Pier Luigi Bersani, al capogruppo alla Camera Roberto Speranza e che trova una sua rappresentanza nel governo col ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina. Altri esponenti di spicco sono l’ex segretario Guglielmo Epifani, Davide Zoggia e Miguel Gotor. Gianni Cuperlo guida la Sinistradem che si pone in posizione ancora più critica verso il governo Renzi e trovano in Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre i suoi più strenui oppositori. Per la sua composizione si potrebbe definire la corrente dei dalemiani, data la presenza anche di Barbara Pollastrini e dell’ex ministro della cultura Massimo Bray. Ex dalemiani sono invece i giovani turchi di “Rifare l’Italia” che occupano sia i vertici del partito sia importanti posti di governo. Le punte di diamante di questa corrente sono infatti Matteo Orfini che, oltre a esserne il presidente, è anche commissario straordinario a Roma, e il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Una sessantina di parlamentari che formalmente sono minoranza ma di fatto già da tempo votano compattamente con la maggioranza renziana. I civatiani sono numericamente ininfluenti ma politicamente molto agguerriti, soprattutto al Senato con l’ex direttore di Rainews24 Corradino Mineo e con l’irriducibile Walter Tocci che aveva annunciato le dimissioni (poi respinte) dopo il voto sul jobs act. Da rilevare anche la presenza della deputata Sandra Zampa, ex portavoce di Romano Prodi. A gennaio, in occasione dell’elezione del Capo dello Stato Elisa Simoni, cugina di Renzi, ha dato vita alla corrente 22 aprile di ispirazione “napolitaniana” proprio ha come punto di riferimento il secondo discorso d'insediamento dell'ormai ex presidente della Repubblica.

La maggioranza che sostiene il premier, invece, vive un momento di grande fermento e di riposizionamenti tra franceschiniani, catto-renziani e renziani ortodossi. Anche qui andiamo con ordine. La componente storicamente più “antica” è Areadem perché nata nel 2009, prima dell’avvento del “renzismo”, per volontà del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini e a cui appartengono anche il vicesegretario del Pd Debora Serracchiani, il sindaco di Torino Piero Fassino e il capogruppo al Senato Luigi Zanda. Ora, però, proprio dalla corrente franceschiniana arriva la proposta di scioglimento per formare un unico correntone insieme ai catto-renziani di Graziano Delrio, Lorenzo Guerini e Beppe Fioroni. Questi ultimi sono una componente nata una ventina di giorni fa e a cui hanno aderito anche l’ex montiano Andrea Romano e il renziano della prima ora Matteo Richetti. I renziani ortodossi sono nati, invece, qualche giorno dopo per volontà del ministro Maria Elena Boschi, di Luca Lotti e di Ernesto Carbone. In questo marasma a restare senza corrente sono delle personalità ai margini del partito come Enrico Letta e Rosy Bindi che, invece, in passato hanno avuto una propria corrente.

I nuovi arrivati da Sel o da Scelta Civica, pur avendo una formazione politica completamente diversa, ora possono essere genericamente definiti come neo-renziani anche se Gennaro Migliore, paradossalmente, è dato come vicino ai "cattorenziani".

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