Passa per sette punti il programma di Matteo Salvini per bloccare i flussi e dare maggiore sicurezza al Paese. Il blocco dei porti a navi che battono bandiera di uno Stato diverso dall'Italia è solo il primo step dell'idea che il ministro dell'Interno ha per trovare una soluzione al grande nodo dell'immigrazione incontrollata. Un piano ad hoc, su cui si dovrà lavorare moltissimo e per cui occorreranno mesi di impegno costante. Si parte da una maggiore collaborazione con l'Europa, ovvero accordi con le altre Nazioni per controlli più intensi alle frontiere, ma anche per il potenziamento dell'interscambio di informazioni di intelligence volte al contrasto del terrorismo internazionale. D'altronde, lo ha ammesso anche Salvini nei giorni scorsi, come il predecessore, Marco Minniti, che alcuni foreign fighters potrebbero mischiarsi tra i migranti in arrivo sui barconi.
Per impedire le partenze ci sono poi due punti fondamentali: rapporti più efficaci con Paesi di provenienza e impegno dei Paesi Nato. Il ministro dell'Interno vuole, infatti, potenziare gli accordi bilaterali e crearne di nuovi con gli Stati con cui non li abbiamo. Punta quindi a far capire alla Nato che anche la difesa delle frontiere del sud dell'Europa è fondamentale, proprio in virtù del fatto che il potenziale pericolo di infiltrazioni terroristiche arriva dall'area del Mediterraneo. Serve una riconversione dell'impegno della Nato, quindi, che non guardi solo a Est, ma ai punti di sbarco sulle nostre coste. I dati parlano, infatti, chiaro. Secondo un recente rapporto, nel Bel Paese vi sarebbero oltre 5 milioni di stranieri regolari e più di 500mila irregolari. Un numero che dà l'idea di quanto, negli anni, questo territorio abbia già dato in termini di solidarietà.
Tra i punti fondamentali c'è anche l'intenzione di velocizzare le pratiche di riconoscimento dei rifugiati, in modo da individuare coloro che hanno il diritto a essere accolti e coloro che, invece, devono essere espulsi.
A tal proposito, il ministro ha parlato della realizzazione di centri chiusi che non siano luoghi di detenzione, ma strutture da cui si può sì anche uscire, ma con controlli e verifiche da parte delle forze dell'ordine che consentano di sapere sempre dove è la persona. Insomma, basta migranti a spasso per le città italiane. Ecco perché si punta ad avere Cpr in ogni regione, dove chi deve essere rimpatriato possa stare anche per un tempo maggiore, necessario a capire da quale Paese proviene e, quindi, così da avere una destinazione certa.
Questo anche grazie al supporto dei nuovi 250 funzionari assunti dal ministero che operano nei centri territoriali di riconoscimento e protezione internazionale. Anche perché, per le operazioni di supporto alla Aquarius e di accompagnamento dei migranti in Spagna, l'Italia spenderà un bel po' di soldi. In due giorni, per due vedette classe 300 della Guardia costiera in assistenza alla nave Ong, tra carburante e costi vari si sono spesi, facendo un rapido calcolo, poco meno di 20mila euro.
A questi si aggiungono i circa 30mila euro al giorno (quindi 120mila euro ad andare e 120mila a tornare), tra spese di carburante (12mila euro al giorno), per il personale (25 euro al giorno a testa per i circa 50 membri dell'equipaggio) e altri costi vari, necessari per far muovere
fino alla Spagna una nave come la Dattilo. Senza calcolare i costi per spostare una nave della Marina. Mezzi che sarebbero comunque stati in pattugliamento nel Mediterraneo, ma che sono stati «prestati» ad altri servizi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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