Un interrogatorio durato tutta la notte. Poi ai polsi Pietro Morreale, 19 anni, sono scattate le manette per la morte della fidanzata Roberta Siragusa.
È stato proprio lui a indicare il burrone a Caccamo, in provincia di Palermo, dove giaceva il corpo semicarbonizzato della giovane. Ma non ha confessato l'omicidio, come ha chiarito Giuseppe Di Cesare, l'avvocato dell'indagato. Il ragazzo si è avvalso infatti della facoltà di non rispondere, ma le indagini hanno fatto emergere diverse incongruenze nella ricostruzione dei fatti. Ha blaterato qualcosa, poi si è contraddetto, ma ha attirato da subito i sospetti su di lui. Il magistrato del resto aveva ascoltato in caserma una decina di giovani, per lo più coppie, in qualità di testimoni che insieme ai due avevano partecipato a una festa sabato sera, in aperta violazione delle norme anti-Covid, in una villetta nella zona di Monte San Calogero. Ed è a poca distanza da lì che è stato scoperto il cadavere.
I testimoni hanno raccontato di una lite scoppiata per gelosia tra la vittima e Pietro. La coppia, poi, si sarebbe allontanata da lì intorno alla mezzanotte. Roberta sarebbe dovuta rientrare a casa all'una, come promesso ai genitori. Quando domenica mattina la madre e il padre non l'hanno trovata nel suo letto è partita la denuncia e Pietro si è recato poco dopo spontaneamente in caserma. I militari stanno visionando le immagini delle telecamere di sorveglianza del paese per capire se il ragazzo sia stato presso una pompa di benzina per bruciare il cadavere della fidanzata.
È accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere ed è stato rinchiuso nella casa circondariale «Antonino Burrafato» di Termini Imerese. Oggi o domani verrà effettuata l'autopsia sul corpo di Roberta per scoprire se sia stato dato alle fiamme dopo essere stata uccisa o se il fuoco sia stato la causa della morte. «Giustizia per la mia Roberta, voglio giustizia. Non si può morire così a 17 anni...», si dispera la mamma.
«Erano fidanzati da un anno e mezzo circa - racconta Giuseppe Canzone, il legale della famiglia Siragusa -. I genitori non avrebbero mai immaginato che potesse accadere una cosa del genere. Anche perché non c'era un quadro di maltrattamenti».
«In paese si sentiva dire che lui maltrattava la sua fidanzata, si diceva che era molto possessivo nei confronti di Roberta», confida l'ex catechista di Pietro Catalin Dioguardi. Il nome di Roberta verrà inserito sulla «panchina rossa» del piccolo Comune e il sindaco ha proclamato il lutto cittadino fino al giorno dei funerali.
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