La pm dell'inchiesta Ruby in campo contro la destra

Il magistrato Fiorillo ora in pensione getta la maschera. Si candida a Gallarate come capolista della sinistra

La pm dell'inchiesta Ruby in campo contro la destra

Le cronache l'hanno consacrata come un'icona dei processi al potere, un magistrato che senza appoggi né legami va all'attacco in nome della Giustizia addirittura del presidente del Consiglio. Quel presidente del Consiglio si chiamava Silvio Berlusconi, e la dottoressa Annamaria Fiorillo fu uno dei principali promotori del processo Ruby, finito in nulla ma costato al Cavaliere il posto a Palazzo Chigi. Ora la Fiorillo è in pensione, e ritorna alla ribalta in una nuova veste: si dà alla politica, candidata capolista al consiglio comunale di Gallarate, popolosa cittadina vicino Varese. Per chi? Per la sinistra.

A lungo, all'epoca del processo per le feste nella villa di Arcore, la Fiorillo era stata radiografata cercando tracce di appartenenze ideologiche o di corrente che spiegassero la sua determinazione: nulla, un cane sciolto senza tessere. Ma ora da quale parte batta il suo cuore lo rende noto lei stessa: decidendo di scendere in campo nella lista che cerca di strappare Gallarate al centrodestra. Una scelta che, inevitabilmente, riverbera le sue domande sugli anni passati dalla Fiorillo con la toga sulle spalle. Era di sinistra già allora o lo è diventata adesso?

L'aspirante consigliera era il pm di turno alla Procura dei minori la notte in cui Kharima el Mahroug alias Ruby venne portata in Questura e fu poi affidata alla consigliera regionale Nicole Minetti. Sui fatti di quella notte la Fiorillo fece fuoco e fiamme, accusando Berlusconi di avere costretto i vertici della questura a rilasciare Ruby, e sostenendo di essersi opposta con ogni mezzo alla consegna alla Minetti. Peccato che nella sentenza della Cassazione che ha assolto con formula piena il Cav, si legga che la Fiorillo «finì sostanzialmente con l'autorizzare l'affidamento della minore alla consigliera regionale Minetti».

La Fiorillo non prese benissimo la sentenza, anche se arrivò a dire che la Cassazione aveva «confermato la mia versione dei fatti». Poi tornò ai suoi processi ordinari di minori in difficoltà, e se ne andò in pensione nella sua Gallarate: dove nel frattempo, come si può immaginare, era diventata una sorta di celebrità. Ed ora scende in campo accanto a Margherita Silvestrini, candidata unica della sinistra, una cattolica del Pd che cita Dossetti e Lazzati nonché l'ascolto di «voci profetiche come Paolo VI». La Silvestrini sfida il sindaco uscente Andrea Cassani, leghista, raggiunto da un avviso di garanzia della Procura di Milano.

Due anni fa, quando Cassani sgomberò alcuni clan sinti da un'area occupata abusivamente, la Silvestrini si fece notare accompagnando l'allora ministro Cecile Kyenge che portava la sua solidarietà ai nomadi. Ora buona parte degli sgomberati è tornata sul posto, e sono in parecchi a Gallarate chiedersi come la Fiorillo, da sempre in prima fila nella difesa dei minori abusati, affronterà - se dovesse andare al potere - il tema del trattamento riservato dai sinti ai loro figli.

Cattive notizie arrivano intanto per un altro dei protagonisti dei processi a Berlusconi, l'ex giudice Antonio Esposito, autore della condanna definitiva per i diritti tv.

Un avvocato dello staff difensivo del Cavaliere, Bruno La Rosa, aveva scovato in un albergo tre testimoni di una cena in cui, ben prima della sentenza, Esposito manifestava tutto il suo disprezzo per Berlusconi. Esposito reagì denunciando La Rosa per una sfilza di reati: ma il legale ieri viene prosciolto, ha fatto solo il suo dovere, e quelle dichiarazioni «non possono considerarsi false».

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