C'è una domanda che gli italiani non si fanno mai quando arriva la bolletta di luce o gas. Già, perché spesso ci si chiede solo «quanto pago?», e non «quanto consumo?». Perché la bolletta è il prodotto di due fattori: il consumo e il prezzo. Ma ormai quanto consumo non è più quanto spendo. Una famiglia tipo consuma 2.700 kWh di energia elettrica e 1.400 metri cubi di gas. Equivale più o meno a una bolletta di 120 circa. Su cui la «Spesa per la materia energia», cioè quello che in realtà compro e consumo, incide al massimo per il 30%.
Il resto se ne va in imposte, Iva, canone Rai ma soprattutto altre voci su cui bisognerà soffermarsi più avanti. Leggere la bolletta peraltro non è così immediato: bisognerebbe aiutare le persone a capirla per consumare meno, piuttosto che inondarle di proposte senza senso.
Anche perché ormai il paradosso è che chi consuma meno paga di più, i più poveri sono ben lontani dai 2.700 kWh annui, e solo il 30% degli aventi diritto chiede il bonus sociale. I contratti, poi... Molti italiani li firmano senza leggere. E infatti 20 anni dopo la liberalizzazione del mercato ci sono ancora contratti di maggior tutela, destinati a scadere (forse) nel 2022 e che riguarda venti milioni di consumatori elettrici. I contratti sono regolati dall'authority Arera, che ne stabilisce le clausole e ne aggiorna trimestralmente le tariffe.
Ma perché il cliente ha ancora bisogno di essere tutelato? Non è diventato adulto? Perché nessuno lo mette in condizione di capire quanto consuma? Perché gli vengono installati contatori così complicati che, se anche volesse, non ne sarebbe in grado? E poi perché nessuno spiega dove vanno a finire i soldi e cosa vogliono dire tutte le voci della bolletta?
Nessuno dice chiaramente che se il consumatore non sceglierà un nuovo fornitore finirà nel «mercato di salvaguardia» dove pagherà l'energia ancora più cara. Nei contratti di «mercato libero» infatti fornitore e consumatore possono trattare solamente sul prezzo. Ma se non sappiamo quanto consumiamo, come possiamo contrattare il prezzo giusto, tra promesse mirabolanti, clausole nascoste e sconti incredibili che a volte possono rivelarsi delle bufale?
A volte vengono emesse bollette di energia elettrica da 50 o 60 euro anche se non viene consumata. Soprattutto nelle seconde case. Se ne sono accorti in molti, durante il lockdown. Ma se non c'è stato consumo, se il contatore non si è mosso, e non c'è stato alcun trasporto di energia elettrica perché devo pagare comunque una quota di materia prima energia? E infatti qualcuno le bollette le impugna. Molte sono state oggetto di contestazioni. Solo le controversie gestite da Arera avrebbero recuperato 10,4 milioni di euro nel 2019.
E poi non basta contrattare il prezzo del chilowattora (kWh), diviso in tre fasce orarie (a spanne: ore diurne giorni feriali, ore notturne giorni feriali, week-end), perché come vedremo ci sono due voci che hanno costi proporzionali al consumo e che costano quanto (se non più) del consumo effettivo.
Prendiamo ad esempio la voce «spesa per oneri di sistema». In una bolletta media della luce da 120 euro questa voce può valere 25-30 euro. Che cosa sono gli oneri di sistema? Di quanto parliamo? Almeno 18 miliardi di euro all'anno: vengono prelevati dalle nostre bollette e destinati agli «oneri di sistema» ed è così da un decennio. In tutto fanno 180 miliardi di euro, lo stesso ammontare del Recovery fund.
Due miliardi li spendiamo per lo smantellamento delle vecchie centrali nucleari. Eravamo all'avanguardia, poi è arrivato il referendum e l'Italia si è inguaiata con le sue mani. Prendete la centrale nucleare di Latina: verrà dismessa non prima del 2030, e poi bisognerà trovare posto per le scorie che magari finiranno in Germania perché da noi nessuno le vuole. La voce più importante degli «oneri di sistema» sono gli incentivi alle energie rinnovabili per 13 miliardi di euro. Ma parte di questi finiscono poi per garantire i debiti di Alitalia, o per sovvenzionare Ilva e Alcoa. Ma cosa c'entra il consumatore di energia elettrica con l'Alitalia?
Terna, che trasporta energia in monopolio, presenta numeri da capogiro, così Enel, Snam e le municipalizzate. Il Gse, società pubblica interamente partecipata dal Mef, e che ha tra i suoi compiti principali quello di gestire gli incentivi alle rinnovabili, è commissariata fino all'approvazione del bilancio dell'esercizio 2020. I soldi finiscono prima nelle tasche di chi l'energia elettrica la distribuisce, poi in 59 conti correnti accesi presso la Csea - Cassa per i servizi energetici e ambientali - che ha la gestione finanziaria dei fondi e eroga i contributi agli operatori. In passato diverse interrogazioni parlamentari bipartisan, in particolare quella degli azzurri Daniele Galli, e Marilena Bocciardo hanno provato (a volte inutilmente) a fare chiarezza. Ed è grazie a un'iniziativa di Simone Baldelli (Forza Italia) che l'utente potrà chiedere di pagare solo gli ultimi 24 mesi di bollette in caso il gestore ci abbia messo anni a fatturare i consumi reali.
La cosa curiosa degli «oneri di sistema» è che buona parte di questi soldi i fornitori li hanno già pagati al distributore prima di incassarli dai clienti finali. Ma se il cliente finale non paga, il distributore, che per il mercato tutelato è l'Enel per l'86%, non ci perde una lira, il fornitore cioè colui a cui paghiamo la bolletta invece sì. Ma prima di saltare, fa un accordo che prevede che il 50% delle sue perdite venga coperto da tutti i consumatori italiani, come peraltro ha stabilito Arera.
Il caso è destinato a ripetersi. Basta pensare a Gala, società quotata in Borsa che nel 2014, in un contratto con Consip, aveva vincolato il prezzo di vendita dell'energia elettrica a quello del petrolio. Quando il prezzo del barile è crollato, la società è andata a picco, nonostante una legge ad hoc votata dal governo Renzi a carico nostro.
Un'altra chicca degli oneri di sistema sono anche i rimborsi, già previsti per gli operatori di maggior tutela per la perdita dei clienti che sceglieranno il mercato libero. Ma a chi finiscono veramente tutti questi soldi? E qual è davvero il vantaggio per gli italiani a fronte di tale esborso? Quanto abbiamo speso, quanto stiamo spendendo e quanto spenderemo per un kWh consumato o per un kW installato? Non lo sappiamo con esattezza. Colpa di una serie di misure sugli incentivi fin troppo generose che, dal 2005, hanno completamente sballato il mercato. Quello che spaventa è il trend degli oneri di sistema, destinati a non diminuire mai. L'esempio recente riguarda le centrali che dovranno essere costruite per bilanciare la rete sbilanciata dalle rinnovabili, che già paghiamo con gli oneri di sistema. E non parliamo di piccole centrali come fanno in Germania, dove hanno lo stesso problema. Ma parliamo della bellezza di 49 GW cioè quasi la metà del parco produttivo italiano. E chi pagherà?
Poi c'è la spesa per il «trasporto e la gestione del contatore»: ne stanno arrivando 33 milioni nuovi. Sulla bolletta da 120 euro siamo intorno al 20% di incidenza. Gli italiani pagano un servizio di lettura anche se il letturista non c'è più e dovrebbe essere letto tutto da remoto da vent'anni. Chi installa o sostituisce il contatore dice che non c'è nulla da pagare ma evidentemente non è del tutto vero. Stessa cosa per la potenza contrattuale disponibile al consumatore: con i nuovi contatori non esiste alcuna certezza che questa venga garantita h24. Su tutto c'è il sigillo dello Stato con imposte e Iva, come ricorda sul suo blog (https://edoardobeltrame.com) l'ingegner Edoardo Beltrame.
Ora, anche un bambino capisce che
per ammortizzare questi costi fissi al consumatore «conviene» consumare di più. Ma in questo modo, alla fine, il conto lo paga il Paese. E tutte le indicazioni europee sul risparmio energetico restano solamente chiacchiere.
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