
Il revenge porn, la condivisione in rete di video sessualmente espliciti senza il consenso di chi vi appare, può uccidere. Ma a contrastare questo «femminicidio social», da quattro anni a questa parte, oltre alla polizia c'è anche il Garante della privacy. Che, dal giorno della festa della donna del 2021, ha messo online un form che consente alle vittime di segnalare il rischio della diffusione non consensuale di immagini o video espliciti sul web, permettendo all'autorità di chiedere subito la rimozione degli stessi alle piattaforme social.
«In questi 4 anni - spiega al Giornale Agostino Ghiglia, componente del collegio del Garante abbiamo ricevuto 1.723 segnalazioni. In 1.036 casi queste hanno avuto come conseguenza un provvedimento del Garante che ha chiesto, con una determinazione dirigenziale, alle piattaforme di condivisione di contenuti sulla rete di eliminare le immagini o i video oggetto della segnalazione». Insomma, spiega ancora Ghiglia, da quell'8 marzo di 4 anni fa a quello di oggi «abbiamo salvato più di mille persone che avrebbero visto la loro intimità finire il pasto alla rete». E il web, quando mangia, difficilmente rigetta il boccone. Per questo è fondamentale prevenire, stoppando le immagini prima che diventino virali. Altrimenti «ritirarle» dal web diventa quasi impossibile. Il fenomeno è in crescita, confermando un trend preoccupante.
Nel 2021 il Garante è intervenuto solo 51 volte a fronte di 104 segnalazioni, nel 2022 gli alert sono stati 150 e i provvedimenti 60, il 2023 ha visto 650 denunce e 299 azioni del garante. E lo scorso anno si sono registrate 823 segnalazioni e 625 determinazioni dirigenziali per impedire casi di revenge porn o di sextorsion, l'estorsione sessuale che è l'altra fattispecie che l'intervento del Garante cerca di contrastare. Gli allarmi sono cresciuti di quasi il 700%, e i «placcaggi» sul web delle immagini da parte del Garante hanno registrato un aumento esponenziale, pari al 1.100%. Possibile che le pornovendette stiano impennando? Per Ghiglia è aumentata «la consapevolezza degli strumenti per difendersi». Insomma, si denuncia di più, e a queste statistiche sfuggono i casi più gravi che vengono denunciati solo in commissariato. Un dato curioso è quello sul genere di chi segnala: uomini, nel 75% dei casi. «Non è un errore spiega ancora Ghiglia ma una conseguenza del fatto che la quasi totalità delle vittime di sextorsion sono maschi».
Perché se le donne per il revenge porn sono quasi sempre vittime di un ex fidanzato o di persone di fiducia, gli uomini preferiscono abboccare di fronte a donne sconosciute che li abbordano su social e app di messaggistica, salvo farsi truffare quando queste si rivelano esche lanciate sul web da organizzazioni criminali che ne hanno fatto un lucroso business.
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