"Portiamo la guerra nei campus". Il piano segreto dei pro-Hamas

Il documento dei gruppi filo palestinesi che stanno incendiando i college. I punti: escalation, resistenza, occupazioni e militanza estesa. I timori di contagio in Europa

"Portiamo la guerra nei campus". Il piano segreto dei pro-Hamas
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«Porta la guerra in casa», è il grido di battaglia, in inglese, stampato sulla penultima pagina di un manuale filo palestinese distribuito dal primo maggio nei campus americani in rivolta. L'obiettivo è «intensificare» la lotta, anche con la violenza, per portare il conflitto a Gaza negli atenei. Le due foto finali, sotto lo slogan del libretto che punta all'escalation, sono un'immagine dei poliziotti americani in tenuta antisommossa ad Atlanta e soldati dell'esercito israeliano, che sembrano uguali. Secondo il pericoloso manuale bisogna passare alla fase che «intensifica» le occupazioni dei campus. E spiega come fare in cinque punti parlando apertamente di azioni violente e di «resistenza». Il libretto è stato scritto dalla Palestine action Us, costola di un cartello internazionale, contro la «macchina da guerra» israeliana. Un'organizzazione palestinese, tacciata di essere filo Hamas, infiltrata nei campus, che ha iniziato a distribuire il manuale inneggiante alla rivolta all'università di Syracuse nello stato di New York e altri atenei americani. Solo otto pagine, ma da fare accapponare la pelle, per il linguaggio, che punta ad aizzare gli studenti.

La parola d'ordine, fin dal titolo, è «Escalate», intensificare gli scontri. La copertina immortala un giovane mascherato con la kefiah palestinese che rompe il vetro dell'ingresso di un'università Usa. L'introduzione non lascia dubbi: «Il genocidio di Gaza è in corso e l'invasione di Rafah imminente. Dobbiamo valutare e ricalcolare la nostra strategia per spezzare la macchina da guerra». Non manca la frase rivoluzionaria del «martire» Basel al-Araj ucciso nel 2017 in uno scontro a fuoco con i corpi speciali israeliani. «L'escalation è più realizzabile che mai», sostengono gli agitatori filo palestinesi, che spiegano come in tutto il mondo ci sono state azioni «contro i centri di produzione e le reti logistiche tra cui porti, ponti, fabbriche di armi e istituzioni finanziarie, prendendo di mira le arterie economiche dell'imperialismo». E si arriva al 17 aprile quando «studenti e altri giovani hanno lanciato dozzine di accampamenti di solidarietà a Gaza in tutti gli Stati Uniti occupando e barricando edifici, creando zone liberate e sconfiggendo l'invasione della polizia».

Per «intensificare» la rivolta vengono proposti cinque punti di lotta. Il secondo invita gli studenti a «resistere alla repressione». In pratica devono reagire alla polizia imparando alcune «tattiche: barricate, sfuggire agli arresti e difesa della comunità». Subito dopo riportano uno slogan che fa temere il peggio: «Il movimento filo-palestinese deve essere un movimento contro la polizia». Il punto 3 del manuale inneggia a «spezzare i cancelli delle università» eliminando la distinzione fra studenti, che occupano i campus, e «agitatori esterni». E aggiungono che «le occupazioni più efficaci sono quelle in cui gli studenti stringono forti alleanze con i non studenti e legano la lotta per la Palestina libera con la lotta contro il fascismo americano». Non è un caso che sui 282 arrestati il 30 aprile alla Columbia university e al City college di New York ben 134 non erano studenti.

I punti 4 e 5 contengono appelli più combattivi. «Le azioni clandestine devono esprimere la volontà generale del movimento - si legge - () è tempo che molti di noi si facciano avanti in prima linea». Il titolo del punto 5 del manuale è «negli Usa non siamo esenti dalla resistenza». Si spiega che «non è sincero glorificare la resistenza palestinese se non solleviamo qui la nostra resistenza. Non siamo così ingenui da pensare che la rivoluzione avverrà con mezzi pacifici».

Per i filo palestinesi «i nuovi vertici emergeranno fra coloro che sono barricati all'interno delle aule, che portano gli scudi, che lanciano indietro i lacrimogeni.

I movimenti ribelli devono prepararsi a difendersi dalla repressione (leggi polizia, nda) durante gli stati d'assedio». Il proclama finale è «unisciti a noi» e subito dopo la penultima pagina con il grido di battaglia: «Porta la guerra in casa».

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