È ricomparso dopo sedici ore di black out. Nella lunga notte elettorale, quando addirittura le proiezioni hanno ribaltato per qualche ora il risultato a favore di Stefano Parisi, il candidato sindaco del Pd a Milano Beppe Sala ha spento la luce dell'ufficio elettorale e rinviato ogni commento al giorno dopo. È finita con una distanza di 5mila schede, l'ex commissario Expo davanti con il 41,7% dei voti (224.156 schede) contro il 40,78% del manager del centrodestra (219.218). «È un risultato rispettabile, un ottimo punto di partenza» ha dichiarato ieri Sala. Salvo ridimensionarlo durante un'ora di conversazione ad «un risultato da non buttare via» fino ad ammettere (forse un lapsus?) che «un margine di 5mila voti non sono assolutamente niente». Appunto: il suo vantaggio è risicatissimo. Molta confusione sotto il cielo della sinistra. Metteo Renzi qualche girone prima del voto lo aveva avvertito: «Hai davanti un calcio di rigore, lo puoi solo sbagliare». Ha «tirato il rigore sopra la traversa» ironizzava ieri il leader della Lega Matteo Salvini. A mr Expo tocca difendersi e continua col gergo calcistico: «Comunque siamo avanti, significa che un rigore lo avranno pure parato, ma uno lo abbiamo segnato». Dopo 6 mesi sotto i riflettori di Expo e una campagna elettorale lunga sei mesi tra primarie Pd e Comunali, Parisi in campo solo tre mesi lo ha già agganciato al primo turno. Il pallone di Sala è arrivato ben lontano dalla porta.
Sala ha parlato ieri con Renzi, «mi ha espresso la sua soddisfazione per il nostro 42%. E mi ha detto che dobbiamo ripartire subito con rapidità, non possiamo perdere neanche un momento in vista del ballottaggio». Da Roma raccontano un altro film. Il Pd teme il «biscotto», un accordo tra centrodestra e Movimento 5 Stelle, e la performance di Sala viene data almeno due punti sotto le aspettative. Almeno. L'ex commissario si è presentato in continuità con Giuliano Pisapia e paga dazio. Nel 2011 aveva promesso di «liberare Milano» ma in 5 anni ha alzato del 130% le tasse rispetto all'ex sindaco Letizia Moratti e i (pochi) progetti di sviluppo sono rimasti al palo a causa delle liti interne al Pd e con la sinistra radicale. Dopo le primarie ha lanciato una lista di appoggio a Sala - nelle sue intenzioni, un sistema per conquistare poltrone in aula e pesare nelle decisioni - ma «Sinistra x Milano» guidata da Daria Colombo, lady Vecchioni, ha incassato solo il 3,83%. Altro che «giunta ombra». È finita la stagione dei sindaci arancioni? Massimo Zedda ha vinto al primo turno, Luigi De Magistris al ballottaggio per Napoli parte in vantaggio. Sopra le attese invece la lista civica di Beppe Sala: «Noi, Milano» con il 7,6% mostra che una campagna moderata, senza snaturarsi nel «compagno Beppe», gli avrebbe portato più fortuna. Anche se al secondo round rischia di doversi spostare ancora più a sinistra. Sala ha già preso contatti con gli ex sfidanti Marco Cappato dei Radicali e Basilio Rizzo che è sceso in campo per coprire l'ala anti-renziana. Ma i più votati della lista Rizzo sono anche i volti della sinistra più radicale. Luciano Muhlbauer è noto per le battaglie a fianco dei centri sociali, Anita Sonego difende i comitati contro gli sgomberi. Due esponenti che sono stati convintamente No Expo. Se Sala strapperà un accordo per il ballottaggio dovrà mettere in conto gli stessi blocchi ai progetti di sviluppi subiti da Pisapia.
Ora mr Expo annuncia una giunta più snella, priorità a lavoro, ambiente, periferie.
«L'unica cosa che potrebbe indurmi ad essere negativo potrebbe essere una presa di posizione chiara dei 5 Stelle ma credo non ci sarà. Tutti gli altri sono più vicini a me. E su temi come trasparenza e legalità, credo che gli elettori grillini siano più vicini alle mie posizioni. Quindi sono in vantaggio». Così dice.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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