«È per noi il migliore segno di ripartenza: un buon contratto è un investimento nella fiducia reciproca, nella stabilità e nel carattere innovativo delle relazioni di lavoro». Il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha salutato con queste parole la stipula del patto per l'innovazione del lavoro pubblico tra governo e sindacati. «È sicuramente un evento di grande importanza per il metodo, per il contenuto e per questa relazione di dialogo che c'è, ma è il primo passo, il molto, se non quasi tutto, resta da fare», ha chiosato il presidente del Consiglio, Mario Draghi sottolineando che «c'è molto da fare: l'età media oggi è di 50, quasi 51 anni, vent'anni fa era di 43 anni», di qui il proposito di utilizzare le risorse di Next Generation Eu per attrarre risorse giovani e preparate nel mondo della pa.
Ma come si articola il patto siglato ieri? Le direttrici sono: semplificazione, investimento nel capitale umano, innovazione, digitalizzazione, formazione e rinnovo dei contratti. A proposito dell'ultimo punto il ministro Brunetta ha convocato i sindacati domani in videoconferenza per avviare il confronto. I sei capisaldi del «Patto per l'innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale» costituiscono altrettanti articoli dell'intesa sottoscritta ieri da governo con i segretari di Cgil, Cisl e Uil.
Proprio in tema di rinnovi contrattuali la strategia si concretizzerà nell'emanazione in tempi brevi di atti di indirizzo all'Aran (l'agenzia per la contrattazione nella pa; ndr) in modo da dotare i circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici dei contratti 2019-2021 che prevedono un aumento medio di circa 107 euro. Nei futuri contratti collettivi nazionali del pubblico impiego sarà definita, inoltre, una disciplina normativa ed economica del lavoro agile che superi l'attuale assetto emergenziale e si provvederà, spiega il ministero, «alla rivisitazione degli ordinamenti professionali del personale, adeguando la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze». In pratica, sembra sostanzialmente accolta la piattaforma che Cgil, Cisl e Uil avevano presentato al precedente esecutivo.
La moneta dello «scambio sociale» tra datore di lavoro e dipendenti, in questo caso, è garantire la coesione sociale e, soprattutto, la semplificazione dei processi in modo da attuare gli investimenti che saranno previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Insomma, la pubblica amministrazione vede già accontentate le proprie richieste, può contare in prospettiva sull'assunzione di nuove leve qualificate, ma deve assicurare tempi certi per la messa a terra dei 191,5 miliardi di euro del Pnrr.
La vera scadenza, dunque, è la presentazione in Parlamento del decretone che accompagnerà il Recovery plan disegnandone le strategia. Una volta approvato, la pa sarà chiamata a lavorare per tradurlo in realtà anche uscendo dagli schemi consolidati, a partire dall'orario di lavoro prestabilito. Se i pubblici funzionari collaboreranno, si troveranno ricompensati non solo monetariamente ma anche in termini di benefit. L'accordo siglato ieri prevede l'introduzione di welfare contrattuale, estensione degli sgravi fiscali e nuovi metodi di premialità.
Ecco perché il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha evidenziato che «si apre una fase molto importante e significativa»
poiché inizia «un confronto che nel merito coinvolge tutti i sindacati di categoria per dare gambe e corpo, entrare nel merito degli impegni». La non ostilità cigiellina è un buon viatico. La speranza è vincere la scommessa.
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