Puglia, frontale fra treni: per 23 morti assolti in 14. Pagano solo i ferrovieri

Il pm aveva chiesto le condanne: "Vittime per colpa dei risparmi". La rabbia delle famiglie

Puglia, frontale fra treni: per 23 morti assolti in 14. Pagano solo i ferrovieri
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Non è stata colpa dei mancati investimenti per la sicurezza il più grave incidente ferroviario mai avvenuto in Puglia, ma solo del capotreno e del capostazione. L'impostazione dell'accusa - secondo la quale sarebbero bastati 664mila euro per mettere in sicurezza la tratta Andria-Corato ed evitare il disastro ferroviario del 12 luglio 2016 nel nord barese, il più grave mai avvenuto in Puglia - non ha retto. Per il Tribunale di Trani, che ieri ha assolto 14 dei 16 imputati, lo scontro frontale tra due treni che è costato la vita a 23 passeggeri è stato la conseguenza di un errore umano, quello del capostazione Vito Piccarreta e del capotreno Nicola Lorizio, condannati rispettivamente a sei anni e sei mesi e sette anni per omicidio colposo e falso in atto pubblico.

Una decisione che ha scatenato le proteste dei parenti delle vittime. «È una vergogna», hanno urlato dopo la lettura della sentenza. «Non è giustizia questa: li avete uccisi due volte». «Non si vergognano? Ne sono morti 23». «Come fanno a dormire la notte?», sono solo alcuni degli sfoghi dei parenti. Alle prime assoluzioni in aula, alcuni di loro sono scoppiati a piangere, altri sono rimasti impassibili come Giuseppe Bianchino, papà di Alessandra morta a 29 anni. «Non è una sentenza giusta», ha detto in lacrime Anna Aloysi, sorella di Maria morta nel disastro. Composta la soddisfazione dei legali di Ferrotramviaria, che gestisce la tratta sotto accusa: «Questa sentenza viene dopo un processo lungo, difficile a cui abbiamo contribuito tutti. È una vicenda terribile come è evidente dalle reazioni dei parenti. Però la giustizia va rispettata sempre», ha commentato Michele Laforgia, difensore della società.

I due treni, che viaggiavano in direzioni opposte (uno da Andria e uno da Corato), si scontrarono su una curva affiancata da uliveti e che impedì ai due macchinisti di rendersi conto dell'imminente tragedia. L'impatto ad alta velocità fu inevitabile e violentissimo, con le prime due carrozze e la parte anteriore della terza del treno proveniente da Andria totalmente disintegrate, così come la prima carrozza di quello che viaggiava nell'altro senso, mentre la seconda è deragliata. Oltre alle 23 vittime, tra cui entrambi i macchinisti, altri 51 passeggeri rimasero feriti. Il binario unico alternato sul quale stavano circolando i due treni era regolato con il sistema del blocco telefonico, in base al quale i capistazione si scambiavano dispacci per autorizzare la partenza dei convogli verso la stazione successiva. Un sistema ritenuto dal pm Marcello Catalano «non sicuro e obsoleto». Fu così che dalla stazione di Andria alle 10.45 venne concesso il via libera per la partenza dalla stazione di Corato dell'ET1016 e, senza aspettare l'arrivo del convoglio nella stazione di Andria, alle ore 11 fu fatto partire l'ET1021 verso Corato. Il pm aveva chiesto 15 condanne a pene comprese tra i 6 e i 12 anni di reclusione e un'assoluzione, contestando ai vertici della società una serie di violazioni dei doveri di coordinamento, organizzazione, direzione e controllo che avrebbero contribuito al verificarsi del disastro ferroviario.

Per Ferrotranviaria era stata chiesta anche una sanzione amministrativa di 1,1 milioni, oltre alla revoca di autorizzazioni, licenze e concessioni per l'esercizio dell'attività per un anno e la confisca di 664mila euro, somma che secondo i pm la società avrebbe dovuto investire per modernizzare la tratta con la realizzazione e l'uso del blocco conta assi sulla Corato-Barletta. Accuse che non sono state accolte dai giudici, secondo i quali Ferrotranviaria non ha violato le regole sulla sicurezza.

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