Giusto due note dal mio rifugio nella parte terminale del sistema gastrico della balena in cui, come liberale, sopravvivo fra buio e puzza di pesce. In Italia i liberali - portatori sani ma inconsapevoli del loro germe - sono probabilmente maggioranza ma fanno finta di non esserci. Io e pochi altri che lo sanno, viviamo qui, dove ho detto. I liberali, per l'amor di Dio (direbbe il leader leghista, auto-ridotto ad hamburger) non sono i centristi. I centristi stanno sul sofà della nonna, sul tavolino del tè della prozìa, fra la gondola, il Pierrot di porcellana e l'orologio a cucù. Non sono nemmeno, anche se parenti, il ceto medio. E non si riconoscono nel borborigmo dei soli e soliti imprenditùr che devono portare - che è anche giusto - a casa i dané e che misurano «le esigenze del Paese» da qui a lì, venti centimetri dopo il naso. I liberali sono quelli che se si svegliassero, altro che bella ciao. Senza essere violenti, tranne che nel sarcasmo, sono inermi rivoluzionari. Storicamente repulsi da tutte le chiese e anche dalle parrocchie ecclesiali di Stato e di partito, oscurati, ci sarà una ragione.
Questa gente che si sta, e ci sta, ammazzando per farsi i dispetti e un governo a misura della loro paella delle cozze per non perdere la precedenza acquisita, ci hanno costretto alla prudente latitanza o alla balena, fase terminale. Per noi, la libertà della persona unica e irripetibile, è il comandamento. Per loro, la preda di cui si nutrono. Adesso vedremo un po' chi, fra noi e loro, passerà a nuttata.
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