Il finanziamento da uno Stato estero (tre milioni e mezzo di euro), denaro in contanti, servizi segreti, la valigetta dello scambio... Ci sono voluti dieci anni, ma da ieri il M5s entra nella grande storia della politica come intrigo e romanzo clandestino: l'oro di Caracas come l'oro di Mosca. Viaggi in Venezuela, le dichiarazioni di Luigi Di Maio («L'Italia dovrebbe seguire il modello economico di Maduro»), il mancato riconoscimento del leader d'opposizione Guaidó. Dopo la notizia diffusa dal quotidiano Abc, la politica «processa» il rapporto M5s/Chavez-Maduro.
Con un'interrogazione prioritaria alla Commissione europea e all'Alto rappresentante, Josep Borrel, il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, chiede di sapere «quali azioni si intendono avviare per verificare se partiti nazionali ed europei abbiano ricevuto finanziamenti dal regime venezuelano e per quanto tempo». La definisce invece «vergognosa amicizia» il leader della Lega, Matteo Salvini, che, a parti invertite, subì violentissimi attacchi per le sue relazioni diplomatiche con Mosca. Sceglie di non entrare nel merito ma dichiara che «l'atteggiamento amichevole di parti del M5s nei confronti del regime venezuelano mi ha sempre sconcertato, questo anche se fosse gratis». Salvini ricorda infatti i continui omaggi del M5s: «L'amicizia con alcuni regimi, penso a Cina, Venezuela e Iran mi fa vergognare di essere italiano. Sono regimi sanguinari e dittatoriali con cui non si dovrebbe andare a braccetto».
Sconcertata si dice pure la leader di Fdi, Giorgia Meloni: «Se confermata, la notizia sarebbe di una gravità inaudita e spiegherebbe la particolare indulgenza dimostrata dai Cinquestelle nei confronti del regime di Maduro». Anche la Meloni pretende dal governo un immediato chiarimento in aula e l'intervento della magistratura «celere nell'indagare sulle numerose ipotesi di reato».
Stesso invito che rivolge Mariastella Gelmini, ma al ministro degli Esteri, Di Maio: «La notizia non è liquidabile con le smentite di circostanza. L'attuale ministro degli Esteri è stato a lungo capo politico del M5s ed è notorio che la presenza di quel partito negli ultimi due governi ha condizionato la politica estera dell'Italia, con particolare riguardo proprio al regime venezuelano, di cui molti esponenti grillini sono simpatizzanti». Che Di Maio si debba presentare in aula, diventa convinzione comune della Lega e del deputato Stefano Lucidi: «Ci auguriamo che il partito che a lungo ha calcato le piazze al grido di onestà-onestà non perda questa occasione».
Tiepido finora il Pd che ha preferito glissare con Graziano Delrio: «Ogni partito ha le sue relazioni». A criticare il doppiopesismo dei democratici è allora Annamaria Bernini, capogruppo al Senato di Forza Italia, che rimprovera questa deriva: «I cinque stelle esprimono il premier e il ministro degli Esteri, da due anni stanno portando la nostra politica internazionale totalmente fuori dalla rotta occidentale, attraverso un rapporto sempre più stretto con i regimi illiberali».
Uguale timore di Italia viva che, a differenza degli alleati di governo, attacca con Gianfranco Librandi: «Se quanto riportato dal quotidiano
spagnolo fosse vero, saremmo davanti ad un atto inaudito e gravissimo, un finanziamento illecito, al quale dovrebbero dare delle spiegazioni alle autorità competenti». Si è compiuto così il salto. Da accusatori ad accusati.
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