Fine della Rai renziana, inizio della Rai gentiloniana, provvisoria come il governo che ne designerà i vertici. Preso atto delle dimissioni di Campo Dall'Orto, ora spetta all'azionista della Rai, il ministero del Tesoro, individuare il successore alla direzione generale di viale Mazzini. Compito non elementare. Il nuovo dg dovrà chiudere, e in fretta, diversi dossier bollenti ancora aperti: il tetto agli stipendi degli artisti sotto contratto con la tv pubblica, la presentazione dei palinsesti autunnali agli investitori a fine giugno (con l'incognita delle star pronte a mollare la Rai se gli si riduce il compenso, da Fazio alla Clerici a Giletti e Vespa), la deroga all'inclusione della Rai tra le aziende della Pubblica Amministrazione dell'elenco Istat. Quindi un manager traghettatore, con un orizzonte di pochi mesi davanti a sé, ma con compiti gravosi. Il nome poi, piomba nel pieno di una campagna elettorale (per le amministrative) e con davanti quella per le politiche, probabilmente anticipate. Poi, deve soddisfare un equilibrismo politico tutto speciale: in una fase di accordo tra Pd e Forza Italia sulla legge elettorale, infatti, dovrà andare bene ad entrambi, senza però dispiacere gli alleati di governo del Pd, i centristi, con cui però Renzi è in rotta. Un rebus complicato, tanto che la prima soluzione venuta in mente al governo nei giorni scorsi è stata quella di un clamoroso ripescaggio: richiamare Luigi Gubitosi, ex dg fatto sloggiare da Renzi per piazzare il suo fedelissimo «leopoldino» Campo Dall'Orto.
Peccato che Gubitosi nel frattempo sia stato chiamato per occuparsi di un caso ancora più complicato della Rai, l'Alitalia (è uno dei tre commissari). «La verità è che a Palazzo Chigi sono completamente in alto mare, hanno fatto una crisi al buio e non sanno come uscirne» raccontano i corridoi di viale Mazzini. Al Mef, che tecnicamente proporrà il nuovo dg per la ratifica del cda, arriverà - si dice - una terna di nomi da Palazzo Chigi. La pratica è seguita da Luca Lotti, ministro, esponente del giglio magico renziano (mentre per Forza Italia è Gianni Letta a trattare). La terna dei papabili, tutti uomini Rai, sarebbe composta dall'ad di Rai Cinema, Paolo Del Brocco, lunga carriera a viale Mazzini, gradito dal centrodestra ma sconta ancora qualche dubbio da parte di Renzi non essendo uno del giro fiorentino; poi l'ex dg in quota centrosinistra-Ulivo prodiano Claudio Cappon, l'usato sicuro; e infine Nicola Claudio, altro veterano della tv di Stato, attualmente capo della Segreteria del Consiglio di Amministrazione, molto gradito dai consiglieri Rai, ma piuttosto restìo a sobbarcarsi l'onere.
Nel vortice del toto-nomi ci sono anche Nino Rizzo Nervo, ex Rai chiamato da Gentiloni come vicesegretario generale di Palazzo Chigi (problema: non è un nome gradito a Forza Italia), il direttore del Tg1 Mario Orfeo (ma si aprirebbe il problema del primo tg Rai), poi il direttore di RaiNews Antonio Di Bella, e la presidente Monica Maggioni in ticket con un manager interno più tecnico, uno dei direttori delle prime linee. Ma il sospetto che circola è che Renzi possa tirare fuori un nome a sorpresa, con un colpo di scena all'ultimo. Non è detto che avverrà nel cda convocato il prossimo 6 giugno, quando formalmente terminerà l'incarico di Dall'Orto.
Il dg dimissionario (non avrà buonuscita) si è congedato, dopo mesi molto tesi, in un clima sereno, tra qualche abbraccio, prima nel cda poi nel comitato editoriale Rai: «Sono stati due anni intensi, difficili ma ricchi di cambiamenti e innovazione. Ci siamo battuti per rendere sempre più liberi gli autori e sempre più liberi i fruitori».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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