Chi si mostra più indignato è - e come dargli torto - Bruno Vespa.
Lo storico conduttore di Porta a Porta aveva l'occasione per fare il boom di ascolti, grazie al duello inedito tra primedonne della politica, la presidente del Consiglio contro la (aspirante) leader dell'opposizione. Invece niente, e ora Vespa è un fiume in piena: «Ci è stato proibito il confronto tra due donne che, per la prima volta nella storia italiana, sono al vertice nei rispettivi ruoli. È una vittoria della democrazia? Non ne sono convinto», stigmatizza, denunciando una «esasperazione della par condicio che non giova a nessuno».
Se Vespa è deluso, figurarsi Elly Schlein: sul confronto diretto con Meloni aveva puntato moltissimo, fino a farne il clou della sua campagna elettorale: la definitiva legittimazione, col timbro di Palazzo Chigi, del suo ruolo di antagonista della premier, oscurando grazie all'audience assicurata l'ingombrante «alleato» M5s e gli altri potenziali concorrenti nell'elettorato anti-governo, da Renzi a Calenda ai rossoverdi.
Raccontano che la leader dem avesse già iniziato ad esercitarsi al dibattito e a limare gestualità e eloquio. Consapevole che la premier, con la sua esperienza politica e verve dialettica, sarebbe stata un osso assai duro per una esordiente. Eppure negli ultimi giorni il dubbio che l'operazione andasse in porto aveva iniziato ad affacciarsi: «Conte farà di tutto per bloccarci, e mica siamo così sicuri che Meloni voglia davvero farlo, alla fine», confidavano i suoi collaboratori. Meloni vedeva nel faccia a faccia soprattutto un modo per trainare la partecipazione al voto: i sondaggi danno l'astensionismo al 60%. Cifre che fanno la gioia del Pd: «Meno gente vota, e più il voto si concentra nelle città, nel ceto medio riflessivo, nel nostro elettorato insomma», spiegano. A destra in parecchi avevano cercato di dissuadere la premier: «Anche se batterai facilmente Elly, le regali comunque una tribuna d'eccezione, inimicandoti gli altri partiti e pure le altre tv», le dicevano, ricordandole la regola aurea delle campagne elettorali: a chi parte in vantaggio non conviene mai concedere terreno ai competitor. Non a caso Schlein si era mostrata così ansiosa di farlo da accettare senza batter ciglio la sede, nel cuore della tanto vituperata «TeleMeloni». Ora nel Pd si mastica amaro: «Alla fine abbiamo regalato a Conte un goal a porta vuota», commentava ieri un esponente. E in effetti l'ex premier pentastellato esulta, intestandosi la vittoria: «Il confronto apparecchiato da Meloni e Schlein mirava a polarizzare un voto che invece è proporzionale: un inganno agli elettori». Del resto è stato lui a spedire la presidente grillina della Vigilanza, Barbara Floridia, a fare ricorso presso l'Agcom, col sostegno di gran parte dei partiti esclusi e il silenzioso appoggio di Salvini, altro illustre escluso. Schlein risponde piccata a Conte: «C'è chi preferisce rinunciare al confronto pur di negarlo a due donne che guidano i primi due partiti». I suoi ancora trattano con Palazzo Chigi, rilanciando per un faccia a faccia sui social, fuori dalla par condicio tv. «Alla faccia di Giuseppi», chiosano.
Intanto, sfumato il colpaccio di Vespa, La7 e Sky si offrono per tavoli di confronto tra i leader. Ma pare improbabile che l'interlocutrice più ambita si presti alla mischia collettiva: «É la presidente del Consiglio, mi sembra difficile», nota il meloniano Donzelli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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