Rane gioiello sul tacco e abito origami: da Bottega Veneta la moda è un gioco

Jersey, linee ultra classiche e colori naturali sulla passerella di Chiara Boni

Rane gioiello sul tacco e abito origami: da Bottega Veneta la moda è un gioco
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Si chiude ufficialmente oggi la fashion week milanese per la primavera-estate 2025 con tre stilate digitali tra cui Chiara Boni La Petite Robe e Jacob Cohen. In realtà i giochi seri sono finiti sabato sera con gli show di Bottega Veneta e Philip Plein. Per l'incapacità di fare sistema degli stilisti italiani nonostante gli sforzi di Camera Nazionale la settimana della moda di Milano dura in realtà meno di 5 giornate mentre quella di Parigi è di 8 giorni pieni aprendo domani con Dior e Saint Laurent per chiudere martedì 1° ottobre con Chanel, Miu Miu e Vuitton. Così facendo i cugini d'Oltralpe vincono su tutta la linea anche se le loro maison producono il 60% delle collezioni in Italia e hanno spesso designer oppure grandi manager italiani. Per uno strano scherzo del destino uno dei migliori direttori creativi di un super marchio del made in Italy è il franco-belga Matthieu Blazy per Bottega Veneta, brand di estremo lusso controllato dal Gruppo Kering. La sua sfilata è uno degli eventi più attesi di Milano e anche stavolta non ha disatteso le aspettative. Per prima cosa le sedute erano una super rivisitazione che lo stilista ha voluto fare della storica poltrona sacco di Zanotta (quella di Fracchia, per intenderci) con 61 diverse combinazioni di colori e animali. Questa limited edition battezzata The Ark 61 è in vendita da ieri e nonostante i prezzi (da 6000 a 12mila euro l'una) pare vada benissimo. Non abbiamo osato chiedere quanto costeranno al pubblico le sublimi borse tipo il modello Sardine con manico scultura in vetro di Murano oppure quella chiamata Libertà in pelle liscia invece del solito intreccio di Bottega Veneta visto che una piccola tracollina del brand sei mesi fa costava 1400 euro e oggi viene venduta a 2200. Non resta che capire a chi ma certo alcune cose erano fantastiche: dalla giacca da uomo ingigantita fino a diventare un cappotto da donna alla rana-gioiello arrampicata sul tacco delle scarpe passando per l'abito-origami che ci ricordava il mazzo di carte della regina di cuori di Alice nel Paese delle Meraviglie. Tutt'altra atmosfera da Chiara Boni che introduce il cotone elasticizzato tra i tessuti di un brand basato sull'uso di un unico materiale: il jersey più versatile e pratico del mondo. Le linee sono ultra classiche (dal tailleur all'abito bon ton), i colori super naturali e l'idea del viaggio in India come fonte d'ispirazione difficile da identificare nei modelli bianchi, avorio e cannella delle tre ragazze protagoniste del film. Parecchio confusa la collezione di Hui Zou Zhao, la signora della moda cinese che da anni sfila a Milano. La sua idea di un presunto Gran Tour in Europa che partiva dalla Cina nell'800 sul piroscafo del comandante Zhen Chen Gong non trova riscontro nei capi che in molti casi mancano di leggerezza. Da citare un lungo abito bustier in denim decorato da ricami del popolo Miao. Invece Collini Milano, brand riportato in vita dall'irresistibile manager italiano Carmine Rotondaro, è uscito dall'iperbole per trovare il vero glamour che non è fatto di urli ma di sussurri molto imperiosi.

Alcune stampe d'archivio ricordavano il gusto squisito di Walter Albini e il satin cioccolato amaro (colore di stagione) sostituirà egregiamente il nero. Philip Plein presenta una collezione fedele alla sua anima rock e ribelle in salsa de luxe. Lo fa nell'ex spazio Krizia di via Manin 19 che ha trasformato nel suo primo albergo.

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