La realpolitik di Donald: tregua con Mosca per paura di Xi

L’ipotesi di un incontro a breve tra i due leader e i piani per il congelamento delle linee del fronte. Gas e energia russi, le mire cinesi e i costi per Bruxelles

La realpolitik di Donald: tregua con Mosca per paura di Xi
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Una telefonata allunga la vita. Trent'anni dopo quel fortunato slogan pubblicitario Donald Trump usa gli stessi concetti per spiegare una sua recente, e fin qui sconosciuta, telefonata a Vladimir Putin. In un'intervista concessa all'inviata del New York Post durante un trasferimento a bordo dell'Air Force One il Presidente giustifica la chiamata con la necessità di avviare al più presto un piano di pace. Quel piano, secondo Trump, è già pronto e rappresenta l'unico modo per bloccare un tritacarne ucraino che ha già divorato fin troppe «giovani vite». Secondo altre indiscrezioni, pubblicate in precedenza dal quotidiano britannico Daily Mail, Trump e Putin si starebbero accordando per un incontro a quattrocchi da tenersi tra fine febbraio e i primi di marzo. Il piano prevederebbe il congelamento delle linee grazie allo schieramento di soldati europei e il ritiro ucraino dai territori russi del Kursk.

Ma dietro la presunta «pietas» di un Trump preoccupato per le ingenti perdite umane si nasconde anche una strategia. Nell'ottica del presidente l'aiuto militare garantito all'Ucraina e la raffica di sanzioni internazionali destinate a paralizzare l'economia della Russia rischiano d'innescare un pericoloso effetto boomerang. Emarginando Mosca e costringendola a trovare nuovi mercati si rischierebbe di regalare a Pechino le ricchezze naturali e le immense risorse energetiche vendute un tempo sui mercati europei ed internazionali. Un effetto boomerang di fatto già iniziato. Da quando l'Europa ha deciso di rinunciare al suo gas, Mosca ha stretto accordi con Pechino per deviare lì buona parte della sua produzione. Grazie al completamento, lo scorso dicembre, del gasdotto «Power of Siberia 1» lungo oltre cinquemila chilometri il gas dei giacimenti siberiani di Gazprom è ormai in grado di raggiungere Shanghai. E le sue tubature, del diametro di quasi un metro e mezzo, consentiranno già nei prossimi mesi l'esportazione di 38 miliardi di metri cubi di gas, pari a circa il 9 per cento del consumo annuo cinese.

Ma la vera riconversione delle esportazioni russe di gas si concretizzerà con la realizzazione di «Power of Siberia 2». Grazie a questa conduttura, progettata per collegare entro il 2030 la regione siberiana di Altai ai poli industriali del nord est della Cina, Mosca punta a trasferire a Pechino circa l'80 per cento del gas venduto un tempo all'Europa. E a questo patrimonio energetico s'aggiungerebbero altre immense risorse naturali capaci di trasformare il Dragone nella prima potenza economica e militare del pianeta. Trump, insomma, non è disposto a combattere su due fronti. Vuole confrontarsi solo con la Cina di Xi Jinping e per riuscirci è pronto a fare la pace con Putin e abbandonare al suo destino l'Ucraina di Volodymyr Zelensky.

Ma la mossa rischia di rivelarsi tragica anche per le economie europee. Nei piani di Washington, infatti, il conto della ricostruzione dell'Ucraina, stimato ad oggi in oltre 500 miliardi di euro, dovrà gravare solo e soltanto sulle già esauste casse dei paesi europei.

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