Regioni in rivolta sulle scuole aperte. Muro del governo per bloccare la Dad

Impugnata l'ordinanza di De Luca che tiene chiuse le aule. Il ministro Bianchi: "In classe in sicurezza" e oggi convoca i sindacati. Zaia: "Sarà il caos". E anche i medici chiedono un rinvio di 15 giorni

Regioni in rivolta sulle scuole aperte. Muro del governo per bloccare la Dad

«Riapertura irresponsabile». «Caos inevitabile». «Il ritorno in classe finirà come alle Termopili». Governatori, dirigenti scolastici e docenti prefigurano scenari apocalittici di fronte alla ripresa delle lezioni in presenza a causa della nuova impennata di contagi. La decisione di non far slittare la riapertura delle scuole presa dal governo provoca la rivolta di molte regioni, decise a tenere gli alunni in dad almeno fino alla fine di gennaio. Ma Mario Draghi sembra deciso anche ad impugnare eventuali ordinanze regionali che andassero in questa direzione convocando se necessario un consiglio dei ministri d'urgenza. Anche nell'ultimo decreto é stata prorogata la norma che limita «esclusivamente» alla zona rossa la possibilità per comuni e regioni di «derogare alle disposizioni» dell'esecutivo, quindi non ci sono le condizioni per una eventuale ordinanza sulla riapertura delle scuole. E anche ieri il ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, ha confermato che si deve tornare a scuola «in presenza e in sicurezza». Oggi Bianchi incontrerà i sindacati per un'informativa sulle nuove regole per la gestione dei casi di Covid. E anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, ribadisce «che governo ha scelto di tutelare il più possibile la scuola in presenza e in sicurezza».


La miccia della ribellione ancora una volta l'accende il presidente della Campania, Vincenzo De Luca. «È irresponsabile aprire le scuole il 10 gennaio», annuncia il governatore in giornata. Poi lancia accuse pesanti al governo che con i suoi provvedimenti «trasforma i nostri bambini in cavie sull'altare della politica politicante, dell'opportunismo e degli ideologismi, con scelte che prescindono dalla realtà». Per De Luca «aprire le scuole nel caos totale è una misura contro il mondo della scuola». Non ci sono le condizioni visto che «le Asl dovrebbero fare in media 3mila tamponi al giorno per accompagnare le autorità scolastiche nel controllo del contagio nelle scuole. Non è possibile». In serata viene reso noto il contenuto della sua ordinanza: scuole (d'infanzia, primaria e secondaria di primo grado) chiuse fino al 29 gennaio. Vietati anche gli assembramenti per il consumo di alimenti o di bevande alcoliche dalle 22 alle 6 del mattino.


In Sicilia sono i sindaci a chiedere il rinvio e il presidente della regione Nello Musumeci avverte: «Quello che temevamo si sta puntualmente verificando: ricevo da centinaia di sindaci e da moltissimi presidi sollecitazioni per rinviare la ripresa delle attività scolastiche- spiega- Ho appena scritto al presidente Draghi rappresentando la gravità della situazione delle ultime ore». Per il presidente del Veneto Luca Zaia, nella scuola «l'unica novità è il caos, dettato da un decreto che impone delle fasi di testing che sono insostenibili».


In Lombardia Matteo Loria, presidente regionale dell'Associazione nazionale presidi, prefigura scenari disastrosi: «Lunedì quando riapriranno gran parte delle scuole lombarde sarà come andare alle Termopili -dice Loria- se non siamo passati alla dad per scelta, ci arriveremo per necessità, al picco di contagi». Preoccupazione confermata dall'analisi di Tuttoscuola. Da una proiezione del numero di classi che potrebbero superare i limiti massimi di alunni contagiati previsti dal governo, avverte Tuttoscuola, emerge che tra dieci giorni 200mila classi (più di una su due) rischiano di dover interrompere la didattica in presenza.

Anche il presidente della Fnomceo, la Federazione degli Ordini dei Medici Filippo Anelli, chiede di rimandare il ritorno in classe: «Chiediamo uno stop di 15 giorni, da recuperare a giugno, quando dovremmo essere fuori dall'emergenza».

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