E così quel Grande Innovatore che pretende di essere, a parole, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha riesumato, come presidente della Repubblica, un vecchio democristiano di sinistra, quanto di più illiberale abbiano prodotto, da noi, la cultura politica egemone e il sistema politico.
L'elezione di Sergio Mattarella rivela, perciò, alcune anomalie. È stato detto, a questo proposito, che Renzi lo avrebbe proposto, e imposto, perché, una volta al Quirinale, Mattarella «non gli farà ombra», il che non è propriamente un complimento per il neopresidente ed è, allo stesso tempo, una inquietante indicazione delle ambizioni autoritarie del ragazzotto fiorentino. A sua volta, il sistema informativo ha celebrato Mattarella, prima ancora che fosse eletto, come persona di poche parole, «uomo discreto», e perciò stesso affidabile. Personalmente, ho sempre pensato che chi parla poco, in realtà, non direbbe nulla di rilevante, come credono molti, se parlasse e, probabilmente, è solo uno che non ha nulla da dire. Mattarella, nel corso della sua lunga milizia politica, ha peraltro parlato, e chiaramente, a sufficienza per aumentare, se mai, il sospetto che la sua elezione non sia un progresso, bensì una regressione sulla strada della modernizzazione del Paese. Come democristiano di sinistra ho già detto da quale piede zoppichi. Aggiungo che egli è anche tipicamente un uomo di quello stesso establishment conservatore che è solito cambiare qualcosa affinché nulla cambi.
Capisco chi, come Berlusconi, ha mostrato, come alleato di Renzi, il proprio disappunto di fronte alla designazione unilaterale di Mattarella nella convinzione che sia stata una violazione del Patto del Nazareno e una manifestazione di arroganza. In realtà, secondo me e secondo ogni evidenza, il Patto del Nazareno è solo la cornice entro la quale è nata l'anomala coalizione di governo fra due concezioni dell'Italia fra loro inconciliabili. In quanto tale esso è solo il dito dietro il quale si nascondono l'ambizione personale del presidente del Consiglio e la sua vocazione autoritaria.
La prima anomalia è, dunque, che il capo dello Stato è stato eletto con la maggioranza parlamentare di governo; la qual cosa contribuisce, così, oltre che a prefigurare un eccesso di potere da parte di Renzi, a perpetuare l'equivoco che l'inquilino del Quirinale - una sorta di monarca costituzionale - e quello di Palazzo Chigi, il capo del governo, siano le due facce di una stessa medaglia tendenzialmente assai poco liberale. Ma così, a soffrirne, è la stessa democrazia.
La seconda, e conseguente, anomalia è che Renzi ha mostrato, nella circostanza della designazione di Mattarella, di essere uno spirito autoritario. Lo aveva già mostrato quando si era liberato, nel Pd, con parola d'ordine «rottamazione» della vecchia guardia post-comunista; parola d'ordine che avrebbe dovuto mettere sull'avviso chiunque abbia cara la nostra democrazia, confermata poi una volta nominato presidente del Consiglio e ora ribadita con la designazione, e l'elezione, di Mattarella.
Dopo tutto quanto è accaduto finora non mi pare, perciò, ci si possano fare molte illusioni sulla volontà di Matteo Renzi di modernizzare il Paese. Se mai, è più il caso di parlare di operazioni che, via via, si sono connotate per la volontà, da parte del capo del governo, di accrescere il proprio potere personale non solo all'interno del Partito democratico ma, altresì, a scapito dei propri alleati e dell'opposizione in Parlamento. Ambizione di potere che non sarebbe in sé necessariamente negativa se fosse legittimata da una adeguata cultura politica, invece che sostenuta, come è, da un mare di parole senza gran costrutto.
A monitorare tale tendenza dovrebbero essere, innanzi tutto, i media, come accade nelle democrazie più mature secondo la descrizione che ne ha fatto Tocqueville nella Democrazia in America . Ma, a parte le rare eccezioni, ciò non mi pare accada, o accada assai meno di quanto sarebbe opportuno accadesse.
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