Sul volo che lo riportava a casa, dall'Arabia Saudita, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha definito la missione appena conclusa "un primo passo per ripartire con più slancio. La relazione tra i due Paesi ha grandi potenzialità sia sul piano degli investimenti, a partire da infrastrutture, sia sul piano degli scambi culturali, a partire da quelli universitari". Ma il premier si è concentrato soprattutto sulle questioni interne, legate all'attualità politica. Renzi fotografa l'ultimo weekend tra Roma, Bologna e Riad, in questo modo: l’Italia "stabile, solida" contro i cultori della "polemica e dell’insulto". Lui ovviamente si colloca nel primo gruppo, quello dell'Italia del fare. Dall'altra parte della barricata pone tutti gli altri: dal centrodestra, riunitosi in piazza a Bologna, alla "Sinistra italiana", la nuova formazione politica nata per dire no alla politica del premier.
Da una parte Matteo Salvini e il centrodestra visto a Bologna, ricorda il premier, dall’altra Jazlah, l’enorme trivella - quasi una cittadella che corre sotto il terreno della capitale saudita - uscita oggi alla luce del sole con l’abbattimento dell’ultimo diaframma della prima tratta. È Jazlah l’immagine che ricorda a Renzi come, oltre "le parole urlate in piazza", ci sia anche una Italia che si fa conoscere al mondo come "un Paese in grado di offrire grandi opportunità oltre che un luogo in cui fare una vacanza di tanto in tanto".
Il premier arriva subito al dunque: "Il tentativo di destra e da sinistra di dare una spallata al governo è sostanzialmente fallito. Salvini lo aveva proposto come blocco del Paese, una parte della sinistra come bocciatura delle riforme. Il Paese, invece, è ripartito, abbiamo fatto le riforme, la doppia spallata non ha funzionato. Noi andiamo avanti nell’orizzonte del 2018: lavoriamo per l’Italia". Renzi è convinto - e lo dice chiaramente - di avere davanti a sé due anni e mezzo per mettere il sigillo sulle
riforme (con il referendum costituzionale) e, come ama dire lui, "dare un po' di capacità di visione all’Italia". Ecco, allora, che il presidente del Consiglio gongola per la presenza italiana in un’area in fermento come quella del Medio Oriente. Ma senza dimenticare il suo Paese, e soprattutto il fatto che tra pochi mesi si vota in diverse città, la centralità di una serie di hub, di contenitori per la crescita: dall’area post Expo a Bagnoli, da Porto Marghera ad alcune aree della Capitale. Renzi immagina diversi "terminali" di tecnologia, ricerca e sperimentazione.
Ecco che Renzi si proietta già al 2018, con un orizzonte temporale di almeno altri due anni a Palazzo Chigi, con la fine naturale della legislatura. L’Italia, sogna il premier, deve abituarsi a votare al termine della legislatura, come gli altri Paesi, perché "il valore della stabilità è incommensurabile per un Paese che abbia l’ambizione di competere". Renzi però dimentica che in un Paese normale al governo sta chi viene scelto dai cittadini. E lui non è stato scelto da nessuno, anche se ha ottenuto un regolare voto di fiducia dal parlamento.
Per rispondere agli attacchi contro il suo governo, arrivati da sinistra e da destra nel tentativo di affossarlo, Renzi
insiste che la risposta migliore all’offensiva rimane quella dei "fatti". Continuare a lavorare perché "dopo la ripartenza dell’Italia, dopo tante difficoltà, ora è il momento di rendere il Paese più solido".
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