Il «modello Riace», preso a simbolo dell'accoglienza perfetta, vacilla sotto il peso delle accuse della procura di Locri, che ha ordinato l'arresto del sindaco della cittadina calabrese. Il primo cittadino, Domenico Lucano, è finito infatti ai domiciliari in seguito a un'operazione della Guardia di finanza, denominata Xenia, con l'accusa di concussione, malversazione, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, truffa ai danni dello Stato e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. Accuse, però, che in buona parte, ovvero quella economica, il giudice per le indagini preliminari, Domenico Di Croce, ha smontato. Restano quelle sulle nozze di comodo combinate per far ottenere i permessi di soggiorno alle migranti e gli illeciti sull'assegnazione diretta dello smaltimento rifiuti a due cooperative.
Come si legge nell'ordinanza di applicazione della misura cautelare personale, infatti, le accuse sarebbero cadute perché «il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate». Insomma, Lucano non si è messo in tasca un euro dei fondi dedicati all'accoglienza ed erogati da ministero dell'Interno e prefettura di Reggio Calabria, malgrado la sua gestione non sia stata proprio impeccabile. Ne appare un quadro di un amministratore maldestro e che sì, avrebbe tentato di favorire i migranti, ma senza, a quanto pare, l'intenzione di guadagnarci. Peraltro, nella stessa ordinanza si chiarisce che «l'inconsistenza del quadro indiziario in relazione alle contestazioni oggetto di indagine che ne rappresenterebbero i reati si riverbera negativamente sulla possibilità di configurare il delitto di associazione a delinquere: la stabilità della compagine associativa è tutt'altro che dimostrata». Resta, invece, in piedi l'accusa di aver organizzato, in collaborazione con la compagna etiope Tesfahun Lemlem, destinataria di un divieto di dimora, alcuni matrimoni di comodo in modo da consentire ad alcune ragazze straniere di poter rimanere in Italia. Parlando con una migrante, una certa Joy, all'interno delle stanze dell'associazione Città Futura, Lucano, nella mattina del 6 luglio 2017, suggerisce apertamente alla ragazza di «convolare a nozze con un uomo di Riace». Le intercettazioni sono chiare. «Ti cacciano dall'Italia adesso, tu capisci l'italiano?», chiede il sindaco. E la giovane risponde in maniera affermativa. Lui prosegue: «Stella si è sposata, perché diniegata, perché in Nigeria li stanno diniegando tutti, no no no, la commissione, una volta, due volte... adesso con il governo nuovo c'è uno che si chiama Minniti, una brutta persona, vi mandano via, vi cacciano, allora Stella si è sposata, hai capito?». E ancora: «In municipio l'ho sposata io. Ta-ta-ta, veloce veloce, con Nazareno. Non è vero che è sposata con Nazareno, capito? Però con i documenti risulta così...».
Quindi dice esplicitamente alla ragazza: «C'è uno che si chiama Giosi... trova uno per sposarti e vedrai che risolvi i problemi». E Joy: «Italiano?». Lucano risponde: «Qua di Riace».
Nel documento il gip chiarisce però che esiste pericolo di reiterazione criminosa, soprattutto perché è ancora «fertile il retroterra culturale e politico sfruttato dall'indagato (a oggi sindaco di Riace) per porre in essere comportamenti penalmente stigmatizzabili». Appare però anche chiaro che «l'incarico attualmente ricoperto e la copiosa presenza di stranieri sul territorio riacese potrebbero costituire occasioni propizie per l'adozione di atti amministrativi volutamente viziati o per la proposizione a soggetti extracomunitari di facili e illegali scappatoie per ottenere l'ingresso in Italia».
Per ciò che concerne la contestazione relativa all'affidamento del servizio di raccolta rifiuti a due cooperative sociali, la Ecoriace e l'Aquilone di Riace
che impiegavano migranti, la procura punta il dito contro una concessione diretta dell'appalto in deroga alle norme che impongono una gara per i soggetti in questione. Accuse che vengono confermate nell'ordinanza del gip.
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