Ricatto ai partiti sul catasto: senza il sì cade il governo

L'aut aut della sottosegretaria Guerra scatena l'ira del Carroccio: "Gravissimo". Forza Italia tenta di mediare

Ricatto ai partiti sul catasto: senza il sì cade il governo

Non basta certo una guerra sanguinosa alle porte di casa a frenare la campagna elettorale dei partiti.

La Lega di Matteo Salvini, in grande difficoltà sul fronte russo-ucraino, ieri ha riaperto le ostilità contro il governo sul catasto, bloccando l'esame in commissione della delega fiscale e provocando un duro avvertimento da parte dell'esecutivo: l'articolo che prevede la revisione «statistica» (ossia senza alcuna variazione della pressione fiscale) degli estimi catastali fermi al secolo scorso «è dirimente», ha avvertito il sottosegretario al Mef Cecilia Guerra, e il tentativo di bocciarlo potrebbe comportare conseguenze sulla stessa «esperienza di governo». A mettersi di traverso sulla norma di una delega che dovrebbe approdare nell'aula di Montecitorio tra qualche settimana è stato soprattutto il Carroccio, che non vuol lasciare la bandierina ai rivali di FdI. E che quindi ha prima chiesto, con l'intervento di Matteo Salvini in aula l'altro giorno, di soprassedere alla riforma con la scusa della «pace da perseguire» in Ucraina, e poi ha presentato col centrodestra un emendamento soppressivo che eliminerebbe ogni riferimento al Catasto dal testo.

La commissione ha sospeso i lavori e sul tema è scoppiato il caos politico, con timori di una degenerazione della crisi. «Sarebbe del tutto irresponsabile - avverte dal Pd Andrea Romano - se, proprio nei giorni in cui il Parlamento si è unito nella condanna all'aggressione di Putin e nel sostegno alla resistenza ucraina, se l'obiettivo di Salvini fosse sfasciare il governo per qualche piccola mira personale o di partito».

Il fronte del centrodestra, che aveva sottoscritto l'emendamento soppressivo, si è rapidamente sfaldato: i centristi hanno ritirato le firme, mentre Forza Italia si è fatta carico di cercare una mediazione per evitare lo scontro con il governo: «Non è il momento degli aut aut», dice Sestino Giacomoni, «è impensabile far cadere il governo Draghi», come pure va escluso «un aumento delle tasse sulla casa» (assolutamente non previsto dalla riforma). Gli azzurri - anche dopo una telefonata dello stesso Silvio Berlusconi al capogruppo Barelli per informarsi sullo scontro scoppiato ieri - invitano «alla ragionevolezza e al confronto». Il tentativo di accordo che stanno promuovendo prevede una sorta di «rassicurazione», peraltro già ripetutamente data dal premier, che la mappatura degli immobili non venga usata per determinare nuove tasse. Mappatura che, peraltro, non sarà disponibile (come dice il testo) prima del 2026, data che fa apparire quantomeno pretestuose le preoccupazioni fiscali. Persino il M5s si precipita a dare appoggio al tentativo di mediazione di Fi, appellandosi «alla responsabilità di tutti». Ma la Lega, che ha il problema di distrarre l'attenzione dalle proprie difficoltà sui rapporti con Putin e sul conflitto, continuava a tuonare contro il «ricatto» del governo e sulla «inutilità» della riforma. Eppure solo due settimane fa il premier Draghi aveva spiegato che delega fiscale, ddl Concorrenza e riforma del Codice degli appalti sono «il blocco dei provvedimenti principali» per la attuazione del Recovery Plan e che, una volta varati i testi con l'approvazione della maggioranza, non considerava responsabile riaprire defatiganti trattative e giochetti politici per svuotarli.

Da Palazzo Chigi, a sera, filtrava il «no» del governo a passi indietro e giochetti

strumentali: la norma non si stralcia. Con la rassicurazione, già ribadita dal premier, che non ha finalità fiscali. E Salvini innesta la marcia indietro: «C'è una guerra da fermare, litigare sulla casa è del tutto fuori luogo».

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