Doris: "Tagli alla spesa e giù le tasse per ripartire"

La ricetta anti crisi del fondatore del gruppo Mediolanum

Doris: "Tagli alla spesa e giù le tasse per ripartire"

nostro inviato a Lissone (Mi)

Presidente Ennio Doris, fondatore di Mediolanum, ogni giorno arrivano numeri negativi sull'economia italiana: c'è ancora una possibilità di intervenire?

«Purtroppo non mi meraviglia che la situazione sia questa, perché l'economia italiana oggi soffre, e i suoi mali sono tre: il carico fiscale più alto in assoluto, il mercato del lavoro rigido e la spesa pubblica più alta dei competitor. Cioè quelli su cui l'Europa ci chiede le riforme. Ma la questione va affrontata da un altro punto di vista».

Quale?

«Supponga che qualcuno in Italia proponga di trattare una regione in modo diverso dalle altre. Per esempio, il mio Veneto improvvisamente si ritrova tasse più basse e regole più flessibili per il lavoro: ovviamente andrebbe meglio di tutte le altre regioni, ma il resto del paese soffrirebbe, quindi nessun governo lo ammetterebbe. Il problema è che invece l'abbiamo accettato».

In che senso?

«Perché da quando abbiamo l'euro, la Carinzia e la Baviera sono anche regioni italiane, e il Veneto è anche una regione tedesca. Solo che abbiamo la stessa moneta ma un carico fiscale e un mercato del lavoro e una burocrazia ben diverse: questo non è possibile. Se vogliamo stare nell'euro non possiamo permetterci regole diverse da altre regioni europee. E non perché ce lo chiede l'Europa o la Bce, ma perché è nei fatti».

E perché in Europa c'è la Germania, giusto?

«Perché c'e la competizione: con l'euro le nostre industrie manifatturiere e quelle europee sono entrate in competizione molto più direttamente rispetto al passato, quando si poteva mettersi in pari grazie agli aggiustamenti delle valute. E allora certo, la Germania non è un alleato, ma un concorrente più temibile di prima. Ma la Spagna, ad esempio, che ha avuto una crisi peggiore della nostra, perché non dipendeva solo dai subprime ma anche dalla bolla immobiliare, con un tasso di disoccupazione altissimo, ha agito: il governo ha reso il mercato del lavoro più flessibile, la pressione fiscale più bassa e ora sta ripartendo».

Ecco, il governo italiano sta agendo secondo lei?

«Il governo Renzi è appena arrivato: ha annunciato che farà la riforma del lavoro e la spending review, quindi la direzione è giusta. Spero che vada fino in fondo».

Non pensa che sia necessario anche ottenere dall'Europa maggiore flessibilità nel rapporto deficit-pil?

«Certo, è giusto reclamare flessibilità, perché adesso è naturale che con la crisi il deficit peggiori. Ma bisogna anche intervenire sulla spesa pubblica e sul mercato del lavoro. Si riescono a tagliare 15 miliardi di uscite? Bene, si va in Europa e si può chiedere maggiore flessibilità per poter tagliare le imposte non di 15, ma di 30 miliardi: così si può dare quello choc che metterà in moto la ripresa. E un mercato del lavoro flessibile attirerà quegli investimenti esteri che sono indispensabili. Perché anche qui c'è la concorrenza. Se noi abbiamo l'articolo 18 e gli altri no, o lo mettono loro o lo togliamo noi, le regole non possono essere diverse».

E se dall'euro invece uscissimo?

«Non è una strada praticabile: restare significa rimanere in un mercato più grande, però devono esserci le stesse regole».

Ma come far ripartire i consumi? Neppure gli 80 euro sono serviti.

«Vede, io penso che chi dice che non sono serviti non ha mai provato a vivere con mille euro, certo che gli 80 euro sono stati spesi: ma il problema è che altre imposte hanno tolto quello che è stato dato. Ci vuole una riduzione fiscale più forte per le famiglie e per le imprese, che non l' hanno ancora avuta».

Parliamo del suo gruppo, Mediolanum, che continua a dare risultati: gli italiani risparmiano ancora?

«In realtà quando c'è la crisi chi può risparmia, più di prima, proprio perché adesso ha paura del futuro. Il rovescio della medaglia è che diminuiscono i consumi, tanto più che molti non possono più né risparmiare né comprare. Ecco perché adesso dico che ci vuole una riforma choc, non per l'Europa, non per Draghi ma per noi».

Nella sua biografia, lei ricorda quella frase che le disse suo padre e che l'ha aiutata a ripartire: «C'è anche domani». Vale anche per l'Italia?

«C'è un domani perché ci si concentra sull'oggi, devo muovermi fin d'ora. Credo che il governo abbia le capacità per farlo: e allora questo Paese che ha risorse straordinarie può diventare la punta di diamante dell'Europa».

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