Riciclaggio da record. Ma troppi allarmi finiscono in niente

Aumentano le segnalazioni sospette, gli esperti: così si intasano le indagini. La mafia muove 40 miliardi

Riciclaggio da record. Ma troppi allarmi finiscono in niente
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L'antiriclaggio lancia l'Sos sulle Sos. Ci sono troppe Segnalazioni di operazioni sospette che distraggono gli inquirenti impegnati contro la criminalità organizzata in Italia a scovare i 40 miliardi di euro l'anno di fatturato (praticamente 2 punti di Pil) raggranellati con transazioni illecite tra hacker e criptovalute e «reinvestiti nell'economia legale per consolidare il proprio consenso sociale».

Lo spiega nella consueta analisi del sabato l'Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ricorda come nel 2022 il numero di operazioni sospette pervenute all'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia abbia toccato il record storico di 155.426 segnalazioni, arrivate per il 90% dai principali «soggetti obbligati» come banche, Poste e intermediari finanziari. Per il 31,3% sono bonifici insoliti (soprattutto su Iban virtuali per occultarne i reali beneficiari) pagamenti con moneta elettronica e carte di pagamento al 28,5% e money transfer al 21,3% per cento, mentre quelle per i pagamenti in contanti sono il 5%. Le situazioni più a rischio a Milano, Roma, Prato, Napoli e Crotone. Nel mirino ci sono anche i fondi del Pnrr, con una particolare attenzione alle reti di imprese indebitamente beneficiarie di finanziamenti agevolati o per cui si è registrato un utilizzo distorto delle risorse stanziate, per tacere delle frodi sui bonus edilizi.

Negli ultimi 10 anni, le segnalazioni alla Uif sono aumentate di oltre il 130 per cento, nei primi sei mesi del 2023 sono già 78mila (dati Uif). Una buona notizia? Non proprio. Se è concreto l'allarme della Cgia sulla contaminazione dell'economia legale da parte delle mafie, anche per l'effetto combinato «tassi alti-meno prestiti», una buona parte (se non quasi tutte) queste Sos sono sostanzialmente «falsi positivi» che non portano a nulla. Secondo l'Uif «il 30% circa delle 155.426 segnalazioni sono state valutate dagli uffici prive di sufficienti profili di rischio o connotate da deboli elementi a supporto del sospetto».

La nostra normativa è all'avanguardia in Europa (tanto che l'Italia potrebbe ospitare l'Agenzia di antiriciclaggio europea (Amla). E allora? «La colpa è dei tradizionali modelli di antiriciclaggio in uso alla stragrande maggioranza dei soggetti obbligati (banche ma anche notai, commercialisti, avvocati, revisori dei conti eccetera) che generano una quantità di cosiddetti falsi positivi», dice la fonte. «Secondo due studi di Deloitte-UOB e McKinsey&Company le Sos innocue non si fermano al 30% ma oscillano tra il 90-95% e il 98%», spiega al Giornale un dirigente che lavora ogni giorno con le segnalazioni. All'Uif lavorano una trentina di persone, difficile - se non impossibile - per un organico così esiguo trovare l'ago giusto in mezzo a migliaia di pagliuzze. In pratica, la Sos è diventato un alibi per aggirare la responsabilità del soggetto obbligato. «C'è anche uno scarso livello di cultura antiriciclaggio, combinato con l'inadeguatezza di processi di verifica della clientela, spesso inadeguata, che finiscono così per appesantire il carico di lavoro che grava sull'Uif», dice un inquirente che lavora fianco a fianco con diverse Procure antimafia.

La Sos, di per sé, non dimostra nulla: va valutata e in caso trasmessa all'Autorità giudiziaria, al Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di Finanza e alla Dia. «È come una soffiata, devi andare a vedere cosa c'è dietro», spiega l'inquirente. E serve tempo. «Dopo la crisi pandemica, le mafie hanno modificato il modo di approcciarsi al mondo delle imprese». Anziché sparare o intimidire, sfruttano la vulnerabilità delle imprese con i loro ingenti capitali «attraverso il finanziamento e/o l'acquisizione della proprietà delle aziende», spiega la Cgia.

Come se ne esce? In molti spingono perché l'intelligenza artificiale, nutrita adeguatamente con le informazioni in possesso delle

oltre 100 banche dati, possa aiutare banche e professionisti a stringere il setaccio delle Sos, con devastanti implicazioni giuridiche robuste sul fronte della privacy su cui oggi il legislatore si sta ancora interrogando.

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