Veleni e i trappoloni, Verdini smentisce lo strappo

Le ricostruzioni pilotate del "Corriere della Sera" e del "Fatto" riaccendono faide interne

Veleni e i trappoloni, Verdini smentisce lo strappo

Roma - Non è certo uomo incline alle segrete confessioni, Denis Verdini. Così come non è esattamente una fonte preferenziale per i «retroscenisti», i giornalisti incaricati di sbirciare dietro le quinte dell'ufficialità. Avviene così che quando il Corriere della Sera pubblica a firma di una delle sue prime firme - Francesco Verderami - un retroscena su un «diario» a cui il dirigente toscano starebbe lavorando, la curiosità sulla veridicità dello «scritto» diventa subito forte. Un dubbio subito «soddisfatto» dal protagonista che prende carta e penna e detta la sua smentita. «Mi vengono attribuite frasi e dichiarazioni nelle quali non mi riconosco. Non è mai stato mio costume parlare con i giornalisti, riceverli nel mio ufficio né tanto meno distribuire loro miei appunti personali, come invece sembra dall'articolo di Verderami».

Ma quali rivelazioni conteneva l'articolo? Il retroscena si concentra sugli eventi degli ultimi 15 giorni. «Mi sento sollevato, libero da responsabilità. Osservo nani e ballerine far festa per la fine del patto del Nazareno. Io sto seduto sulla riva del fiume in attesa di pescare qualche pesciolino», le frasi attribuite a Verdini. Poi la ricostruzione del Romanzo Quirinale. «Il Pd attende tranquillo... Fuga di grillini in massa, il comandante zero alla guida di soldatini con piedi d'argilla, la nuova leva nordista che gonfia il petto. E Renzi sulla tolda di comando che - libero da patti - addomestica la tigre comunista, prepara rappresaglie e organizza le truppe come Masaniello». Poi una riflessione sull'incontro con Alfano. «Fu una riunione tra fratelli ritrovati, ci facemmo prendere dai sentimenti perdendo il senso della ragione». Infine sul centrodestra. «Per costruirlo ci vorrà tempo e pazienza. E bisogna che Berlusconi capisca cosa loro (Ncd) hanno spiegato con determinazione e garbo quando hanno posto il problema del rapporto con la Lega e della leadership». Con una postilla in cui definirebbe un errore la rottura del Pdl.

In verità non esiste alcun diario da cui queste impressioni sono state attinte. Verdini, piuttosto, ha l'abitudine di scrivere report settimanali che invia ad Arcore in cui analizza la situazione politica, perché «verba volant, scripta manent». Report che sono nella disponibilità di pochissime persone. Le frasi appaiono così come un patchwork, un taglia e cuci che riporta parzialmente il pensiero verdiniano. «Sono i soliti pasticci», sorride amaro l'interessato. Ma tra i parlamentari a lui vicini si fa notare che il pensiero di Verdini sulle mosse compiute da Ncd è ben diverso. In realtà il giudizio è duro sia per quanto riguarda la rottura del Pdl che - secondo Verdini - gli alfaniani nel novembre 2013 avrebbero potuto evitare restando vicini a Berlusconi e mantenendo le posizioni di governo, facendo nascere un nuovo esecutivo.

Sia per quanto riguarda la gestione della trattativa con Renzi per il Colle. Un braccio di ferro nel quale non sono mai riusciti a far percepire la minaccia reale di una crisi. Perdendo completamente ogni potere contrattuale.

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