Alla fine è calata la ghigliottina, anzi la "tagliola". Lo spettacolo offerto a Palazzo Madama è desolante. Il cammino delle riforme sui cui Matteo Renzi si sta giocando la faccia procede a passo di lumaca. L'ostruzionismo dei Cinque Stelle mette in seria difficoltà la maggioranza che fatica a portare in direttura d'arrivo il ddl Boschi. Il Pd prova a convincere le opposizioni a ritirare gli emendamenti in modo da dare il via libera alle riforme entro l'8 agosto. Ma Sel, M5S e Lega non intendono far marcia indietro. Così alla maggioranza non resta che il contingentamento. Una misura che fa insorgere l'opposizione che in serata marcia verso il Quirinale.
La "madre di tutte le riforme" è impantanata a Palazzo Madama tra oltre 7800 emendamenti e la richiesta di voto segreto in 900 casi. L’impasse al Senato si fa sempre più pesante, la maggioranza favorevole alle riforme scaturite dal Patto del Nazareno fatica ad avere ragione dei dissidenti interni ai singoli partiti e nemmeno l’esplicita minaccia di sette giorni di lavoro su sette, come anche quella più velata di elezioni anticipate, riescono a sortire effetti. "O si ritirano in maniera sostanziosa gli emendamenti - ha tuonato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi all'uscita della capigruppo - oppure si va avanti per approvare il ddl entro agosto, perché così non si può discutere, è un ricatto". Con il numero di emendamenti presentati, praticamente tutti di natura ostruzionistici, si è calcolato che la revisione della costituzione non terminerebbe prima del 2015.
Il presidente dei senatori piddì Luigi Zanda chiede una sospensione dei lavori per valutare al meglio la situazione. Ne segue una prima riunione dei presidenti dei gruppi parlamentari. L’incontro dura diverse ore, poi viene a sua volta sospeso per essere aggiornato nel primo pomeriggio. Ed è da lì arriva la "tagliola", cioè il contingentamento dei tempi. La data di chiusura in Aula del ddl Boschi è fissata per l’8 agosto, senza un vero e proprio voto ma con l’affermazione di una posizione della maggioranza, insieme a Forza Italia che si è detta favorevole. Nelle prossime due settimane, che equivalgono in tutto a 135 ore complessive, saranno 20 le ore dedicate al ddl riforme, da licenziare, con contingentamento dei tempi, entro e non oltre l’8 agosto. Resta, come da calendario già stabilito, che la prossima settimana, sulle riforme, le sedute saranno anche notturne, fino alle 24, e l’Aula si riunirà anche il sabato e la domenica. Per quanto riguarda i decreti pendenti invece, così viene riferito - dl competitività e dl cultura - il calendario rimane immutato: saranno esaminati, probabilmente con la fiducia, oggi pomeriggio, domani e lunedì.
La decisione della "tagliola" fa esplodere l'Aula. "Dopo il voto sul calendario andremo dal presidente della Repubblica perché il presidente del consiglio non rappresenta più nessuno". Mentre interviene il capogruppo della Lega Gian Marco Centinaia, il collega Sergio Divina comincia ad agitare la Costituzione e a urlare: "Ne fate carta straccia, ne fate carta straccia". Il presidente del Senato Piero Grasso lo richiama all’ordine. Ma subito dopo si uniscono alla proteste anche i grillini e i parlamentari del Sel. Dall'Aula l'insurrezione si sposta alla piazza.
Leghisti, stellati, vendoliani e finanche frondisti di Pd e Forza Italia marciano verso il Colle da Giorgio Napolitano. Una volta raggiunto il Quirinale i capigruppi vengono ricevuti dal segretario generale Donato Marra. "Ci ha garantito che Napolitano vigilerà sull’iter del ddl", ha fatto sapere Centinaio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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