Alla fine Beppe Sala non ha resistito. E dopo due settimane di tensioni, di fragili tentativi di chiarimento, di scambi reciproci di frecciate, è andato giù con la clava. Nel mirino, la Procura della Repubblica di Milano. Più esattamente, le inchieste con cui - una dopo l'altra - i pm del procuratore Marcello Viola stanno indagando costruttori e funzionari dell'assessorato all'Urbanistica, il settore chiave del Comune di Milano. Il sindaco per un po' ha brontolato, poi è uscito allo scoperto. «Dal nostro punto di vista è una questione tecnica, non politica. Mi auguro e penso che non lo sia neanche dal punto di vista della Procura». Con la più classica delle figure retoriche, Sala dice non dicendo. Perché anche solo ipotizzare che le indagini siano mosse da motivazioni politiche butta a mare tredici anni di buoni rapporti tra le giunte di sinistra e la Procura.
«Paralisi», è stata la prima paura evocata quando in Comune ci si è resi conto che le inchieste mettevano sotto accusa insieme a singoli abusi l'intero «rito ambrosiano» delle autorizzazioni edilizie: autorizzazioni veloci, grazie alle quali cantieri che moltiplicavano i volumi venivano presentati come semplici ristrutturazioni. Le indagini ci portano alla paralisi, si diceva in Comune, perché tolgono fiducia agli investitori e ai progettisti; linea subito sposata dagli ordini degli Architetti e degli ingegneri, che il 23 gennaio accusano le indagini della Procura di «provocare il disorientamento dei liberi professionisti e dei dipendenti della pubblica amministrazione», e di «causare una paralisi del processo di sviluppo della città». Seguono altre dichiarazioni pesanti da parte di ex politici e professionisti, la Procura viene accusata di usare «il diritto penale come un manganello». Il procuratore Viola risponde con i fatti, chiudendo le indagini per il più grosso degli affari edilizi finora sotto inchiesta, le Park Tower di Crescenzago (dove sarebbe stato realizzato il triplo dei metri cubi leciti) e preparandosi a mandare sotto processo per abuso edilizio e abuso d'ufficio quattro megadirigenti dell'assessorato all'Urbanistica. A quel punto la situazione precipita perché centoquaranta dipendenti dell'assessorato firmano una lettera chiedendo di essere spostati a un ufficio più tranquillo. Il «rischio paralisi» diventa concreto, e ad andarci di mezzo è l'intera idea di Milano costruita da Sala in questi anni: tanto mattone, tanta velocità, per fare del capoluogo lombardo una metropoli sempre più attrattiva.
Così il sindaco reagisce a muso duro. Ieri filtra un'altra notizia: ai dipendenti viene comunicato che se gli indagati per le Park Tower finiranno sotto processo il Comune, che la Procura considera vittima degli abusi e danneggiato per milioni, non si costituirà parte civile contro di loro, e anche questa suona come una sconfessione dell'operato dei pm. Intanto negli uffici comunali si cerca di correre ai ripari, si promette assistenza legale agli indagati, si annuncia una delibera per chiarire le norme del Piano regolatore, si annuncia un tavolo di lavoro per superare il «vuoto normativo» che sarebbe alla base delle inchieste. Peccato che secondo la Procura non ci sia nessun vuoto normativo: le leggi ci sono, e sono state violate.
In quanti casi? La risposta più allarmante viene dagli avvocati di Bluestone, i costruttori delle Park Towers: il progetto «presenta caratteristiche assolutamente identiche a quelle di altre diverse centinaia di iniziative immobiliari attualmente in corso o realizzate negli ultimi anni».
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