Narrazione e propaganda sono state redatte per costringerci a osservare la pagliuzza nell'occhio di Khartum, senza tener conto che la trave è conficcata nel bulbo oculare di Port Sudan. È acclarato che la capitale sudanese sia sprofondata nel caos totale da ormai un paio di settimane, ma i destini del conflitto si stanno decidendo a 800 km di distanza dall'epicentro del dramma, sotto la regia di Putin. I danni cagionati degli scontri tra le Forze paramilitari del Supporto Rapido (Rsf) del generale Mohamed Hamdan Dagalo e l'esercito regolare del comandante Abdelfattah Al Burhan, li pagherà l'Europa in termini d'immigrazione. L'Unhcr parla di 20mila persone in fuga da quando è cominciato il conflitto. L'esodo potrebbe però riguardare milioni di persone, che stanno scappando soprattutto dalla regione occidentale del Darfur per cercare rifugio nel vicino Ciad, dove già vengono ospitati almeno 400mila rifugiati sudanesi. «La crisi in Sudan farà aumentare le partenze dei profughi - fanno sapere i rappresentanti dell'ong Sos Mediterrané - quello che sta accadendo aggrava una situazione di grande sofferenza per la popolazione civile e chiaramente spingerà le persone a spostarsi dal Paese».
La guerra civile, in una nazione martoriata fino al 2019 dalla feroce dittatura di Omar al-Bashir, è esplosa per mettere le mani su Port Sudan. A quelle latitudini, Mosca sta insistendo per costruire un hub militare e commerciale, in una delle vie marittime più strategiche al mondo. Il Cremlino, messo alle strette dalle sanzioni e da una congiuntura internazionale non proprio favorevole dopo l'invasione dell'Ucraina, ha fretta di chiudere l'accordo. Con Port Sudan, Putin controllerebbe un tratto di mare attraverso il quale transita il 12% del commercio mondiale, l'8% del gas naturale liquefatto, circa un milione di barili di petrolio al giorno, e potrebbe continuare a curare i molteplici interessi che ha nel Continente Nero. I recenti incontri tra il ministro degli Esteri Lavrov e il capo della giunta militare Al Buhran hanno tuttavia portato a un nulla di fatto. Qualcuno sostiene che a consigliare ad Al Buhran di prendere tempo sia stato l'alleato egiziano Al Sisi, al quale Biden ha chiesto di scaricare la Russia e fornire armi a kiev. Così Mosca ha deciso di puntare sui paramilitari della Rsf, promettendo al generale Dagalo di collocarlo alla guida del Paese in cambio della luce verde su Port Sudan. Le armate del Supporto Rapido sono sostenute dalla milizia privata Wagner, che nei giorni scorsi ha fornito uno stock di missili terra-aria per piegare l'esercito regolare. Gli squadroni di Prigozhin, che in Ucraina sono gli unici ad aver ottenuto risultati considerevoli dall'inizio dell'Operazione Speciale, controllano da tempo alcuni siti minerari per l'estrazione dell'oro, soprattutto nel Darfur, e con il sostegno di società compiacenti rivendono il metallo prezioso all'estero, in gran parte alla Russia e agli Emirati Arabi. La sicurezza è stata garantita finora proprio da Dagalo, che grazie ai russi ha accumulato enormi ricchezze, diventando uno degli uomini più ricchi del Sudan.
Putin cerca due obiettivi in una volta sola: prendere l'hub sul Mar Rosso e ferire mortalmente l'Europa con la bomba migratoria. Il Sudan è un'area cruciale per lo sviluppo di movimenti migratori, in larga parte costituiti da giovani e alimentati da conflitti, instabilità politica e difficili condizioni economiche.
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