Lo strappo sul divieto (confermato) per la celebrazione delle messe rischia di spingere il governo Conte in un vicolo cieco. Nel Pd è forte il timore che il fronte rigorista nell'esecutivo stia fornendo troppi assist a Italia Viva. E che la dura presa di posizione della Cei contro Conte possa trasformarsi nel casus belli per aprire la crisi. Da qui la decisione del Nazareno di contenere, per ora, i malumori che pur sono forti nel Pd rispetto alle decisioni del premier Giuseppe Conte. I renziani perdono tempo per aprire il fuoco: il ministro dell'Agricoltura Teresa Bellanova, capodelegazione di Iv nel governo, parla chiaramente di rottura. Una posizione rafforzata dalle parole dell'altra ministra (Famiglia) renziana, Elena Bonetti, che a Radio Inblu boccia la scelta del governo di confermare lo stop per le celebrazioni delle messe: «Credo che in questo momento, e ho ritenuto di esprimere pubblicamente la mia opinione, non sia comprensibile il no all'esercizio di questa libertà e quindi alla possibilità di celebrare cerimonie religiose, in virtù di una impossibilità di rispettare le regole».
Domenica pomeriggio, prima della conferenza stampa, il presidente del Consiglio ha consultato ministri e capidelegazione. Conte era sul punto di cedere alle pressioni dei renziani. Ma in soccorso del premier è arrivato il ministro della Cultura Dario Franceschini che ha sposato la linea rigorista invocata dal ministro della Salute Roberto Speranza. L'aiuto in extremis di Franceschini offre la copertura (forse l'ultima) al premier. La linea è non prestare il fianco al fuoco renziano contro Conte. Ma dal fronte dem l'insofferenza cresce. Contro la decisione di Conte si è schierata, sia domenica pomeriggio che ieri, la ministra dei Trasporti e delle Infrastrutture Paola De Micheli: «Il premier ha dato massima disponibilità alla Cei, al mondo religioso e a tutti i culti di arrivare quanto prima a una soluzione che sul piano organizzativo consenta la celebrazione delle messe in piena sicurezza, sapendo ovviamente che né prima né dopo la celebrazione ci potranno essere assembramenti» ha spiegato in collegamento a La vita in diretta, su Raiuno. Un altro affondo (dal fronte alleato) contro il governo arriva dal capogruppo dei dem a Palazzo Madama Andrea Marcucci: «Dico chiaramente quello che non funziona nelle decisioni assunte da Conte e spero che si riveda qualcosa. I punti sono essenzialmente tre: le messe, i bar e ristoranti, barbieri e parrucchieri, la questione dei congiunti». Mentre in Parlamento il Pd prepara un emendamento (che sarà presentato giovedì) al decreto 19 per dare il via libera alle celebrazioni delle messe domenicali e dei riti delle altre religioni. È una mossa che punta a non lasciare solo nelle mani di Italia Viva la battaglia per la difesa delle celebrazioni delle messe. Conte proverà a uscire dall'angolo. Per ora lavora su un protocollo che consenta con alcune restrizioni lo svolgimento delle messe. Ma sa di camminare su un filo spinato. Il prossimo passo falso rischia di essere fatale.
La spaccatura nel governo fa scattare l'assalto finale del centrodestra contro il governo. «Non ci siamo mai opposti alle più severe misure di lockdown, per quanto consapevoli del gravissimo prezzo che esse hanno comportato per il sistema produttivo ma anche per la libertà stessa dei cittadini. Ora però che il governo ritiene che vi siano le condizioni per riaprire molte attività lavorative, mi pare irragionevole e addirittura inutilmente persecutorio mantenere il divieto alle cerimonie religiose», commenta il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi.
Rincara la dose il capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini: «Sì alla corsetta, sì alle librerie, sì al cibo da asporto, tutte cose giuste e legittime, per carità, ma in questo contesto il no alla messa stride terribilmente come una misura fuori luogo. Ognuno legge la realtà e la indirizza attraverso provvedimenti che sono, inevitabilmente, condizionati delle proprie sensibilità». Da destra e sinistra, Conte è accerchiato.
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