La ritorsione di Mosca: via 150 diplomatici (e due saranno italiani)

Chiuso il consolato Usa a San Pietroburgo Lavrov: "Reazione a misure inaccettabili"

La ritorsione di Mosca: via 150 diplomatici (e due saranno italiani)

Come annunciato da giorni, la Russia ha cominciato ieri ad anticipare le proprie misure di rappresaglia contro i Paesi che hanno espulso diplomatici di Mosca in seguito al «caso Skripal».

Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha ricordato che Mosca considera «inaccettabili provocazioni» le espulsioni dei suoi diplomatici e ha snocciolato le prime informazioni in una conferenza stampa. Saranno allontanati dalla Russia 60 diplomatici americani, lo stesso numero di quelli russi che sono stati espulsi dagli States per decisione del presidente Donald Trump: si tratta di 58 membri dello staff Usa presso l'ambasciata a Mosca e di due diplomatici presso il consolato di Ekaterinburg.

Inoltre, il Cremlino anticipa la notizia dell'imminente chiusura (entro domani) del consolato degli Stati Uniti nella città di San Pietroburgo: ritorsione annunciata anche questa, come risposta speculare a quella della sede consolare russa a Seattle. L'unica novità consiste nella indicazione della città prescelta: nei giorni scorsi il Cremlino aveva ironizzato ipotizzando un referendum online per scegliere se chiudere San Pietroburgo, Vladivostok oppure un'altra sede americana in Russia.

Lavrov ha ricordato che i sessanta americani espulsi «sono i primi»: seguiranno infatti le annunciate misure analoghe nei confronti dell'altra ventina di Paesi occidentali che in una non scontata dimostrazione di unità dell'Ue e della Nato hanno imitato il Regno Unito, che per primo aveva deciso la settimana scorsa di allontanare 23 diplomatici russi. Si dovrebbe arrivare quindi a eguagliare il numero complessivo di 150 rappresentanti stranieri in ambasciate di diversi Paesi. Tra questi Paesi c'è la larga maggioranza di quelli dell'Ue, Francia e Germania in testa, Italia inclusa, oltre ad alcuni non comunitari come Canada, Australia, Ucraina, Georgia, Moldavia e Norvegia. Hanno invece scelto di non unirsi all'iniziativa di sostegno al Regno Unito alcuni Paesi minori tra cui la Bulgaria e l'Austria; quest'ultima ha accampato come motivazione il proprio status di neutralità e si è detta disponibile a svolgere un ruolo di mediazione con la Russia.

In questi giorni la Russia ha continuato a negare ogni responsabilità nell'avvelenamento con un gas nervino della ex spia russa Sergei Skripal e di sua figlia Yulia nella città inglese di Salisbury. Due giorni fa, anzi, il Cremlino ha cercato di invertire gli oneri della responsabilità, pretendendo da Londra di dimostrare la propria estraneità «al tentativo di omicidio di cittadini, un caso di provocazione estremamente grave».

Ieri fonti investigative britanniche hanno reso noto che l'avvelenamento degli Skripal (tuttora ricoverati all'ospedale di Salisbury) sarebbe avvenuto attraverso la porta d'ingresso della loro casa, dove sono state

rinvenute le più forti tracce del nervino. E hanno precisato che contrariamente a quanto diffuso negli ultimi giorni le condizioni di Yulia Skripal sono in rapido miglioramento, mentre quelle del padre permangono critiche.

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