Il piano vaccino contro il Covid rallenta, anzi è proprio da ritoccare. Tanto che anche il ministro per gli affari regionali, Francesco Boccia ammette che «il piano va adeguato» e oggi incontra le regioni per ricominciare a fare i conti. Partendo dall'unica cosa certa, dichiarata ieri dal commissario straordinario Domenico Arcuri: «Mancano almeno 300 mila dosi che avremmo dovuto ricevere e non abbiamo ricevuto. Purtroppo le aziende produttrici, per ora, non rispettano né i patti, né i contratti». Dopo Pfizer e AstraZeneca, infatti, anche Moderna tratta l'Italia come il fanalino di coda e ha comunicato ieri che il prossimo carico del 9 febbraio conterrà solo 132 mila dosi rispetto alle 166 mila previste. Un taglio del 20%.
E allora quanti italiani si vaccineranno e quando? «Quando ci saranno i vaccini» risponde Arcuri. «Sarebbe paradossalmente più facile dire che i ritardi dipendono da noi come qualcuno per fare propaganda non perde occasione di affermare- dice il commissario - La realtà dei fatti è tristemente semplice: fino al 15 gennaio abbiamo somministrato 81 mila vaccini al giorno, dal 16 al 25 gennaio solo 39 mila, meno della metà, perché non abbiamo i vaccini che ci avevano assicurato e che le aziende hanno ridotto unilateralmente senza avvisarci». Un forte rallentamento che ci è costato il nostro primato europeo di efficienza vaccinale, ora siamo dietro la Germania e la Turchia e si naviga nell'incertezza. Ma accanto allo sdegno collettivo e alle azioni legali già avviate da Arcuri contro Pfizer (l'Italia è stato il primo paese europeo a muoversi) ora le dosi che arriveranno andranno gestite con la massima cautela. Innanzitutto finire la prima fase del piano nazionale: mancano all'appello 500 mila persone, tra ospedalieri e anziani nelle Rsa, tutti in attesa della prima inoculazione. La seconda dose, invece, devono farla circa un milione e 400mila cittadini. Ad ora 450mila sono immunizzati. Il piano per questa platea dunque, prosegue con Pfizer che assicura di consegnare con continuità le dosi settimanali previste. I suoi ritardi, però, hanno già penalizzato gli ultraottantenni che, nella previsione più ottimistica, cominceranno ad essere chiamati dai medici di base solo a metà febbraio per essere invitati a presentarsi nei centri vaccinali.
Nella speranza che questo avvenga, bisogna ora capire chi si dovrà vaccinare con la new entry. AstraZeneca, dimostrando un'efficacia di circa il 60% negli studi clinici, ha ottenuto ieri l'autorizzazione dell'Ema per la fascia di età dai 18 anni in su, senza escludere, come si era pensato nei giorni scorsi, le persone più anziane. Ma nella relazione, i tecnici hanno avvertito che «non ci sono ancora abbastanza risultati nei partecipanti più anziani (oltre i 55 anni) per fornire una cifra per quanto bene funzionerà il vaccino in questo gruppo. Tuttavia, è prevista protezione, dato che una risposta immunitaria è stata osservata in questa fascia di età». Per questa scarsità di dati, conclude l'Ema si aspetta «più informazioni dagli studi in corso, che includono una percentuale maggiore di partecipanti anziani». La decisione dell'ente regolatorio europeo è dunque sibillina e lascia spazio a interpretazioni che solo Aifa può dissipare. Il dossier sul vaccino sarà infatti analizzato oggi dalla Commissione tecnico-scientifica e potrebbe essere approvato senza aggiungere indicazioni oppure ci potrebbero essere cambiamenti per l'età dei soggetti a cui sarà somministrato in vaccino. In Germania, per esempio, limiteranno l'uso alle persone sotto i 65 anni. E l'Aifa potrebbe seguire la scelta tedesca in mancanza di dati certi della sperimentazione sulla terza età.
Ma in attesa di chiarimenti, gli scenari per oltre tre milioni di dosi in arrivo a febbraio, sono due: o usare queste fiale per proseguire la copertura vaccinale degli ultraottantenni. Oppure cambiare completamente prospettiva e usare questa copertura vaccinale per italiani più giovani ma a rischio contagio. E, dopo gli ospedalieri e i medici di base, spuntano gli insegnanti, adulti più a contatto con la categoria degli asintomatici, cioè gli adolescenti. Se Aifa indicasse il vaccino AstraZeneca solo per gli over 65enni, si potrebbero vaccinare tutti i docenti di cui la metà ha più di 50 anni e 17% ha più di 60 anni.
Nella classifica dei papabili per AstraZeneca, ci sarebbero anche le forze dell'ordine e i dipendenti dei trasporti pubblici e dei servizi essenziali, senza dimenticare le guardie carcerarie e chissà, forse pure i detenuti.
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