Dopo il raid dei centri sociali che sabato scorso imbrattato con la vernice la statua di Indro Montanelli, nel giardini a lui intitolati in centro a Milano, la polizia locale ieri notte l'ha controllata a vista. Alle prime ore del mattino, una ditta specializzata ha cominciato a rimuovere la vernice rossa e la scritta «razzista stupratore» con cui i collettivi studenteschi che da 3 anni occupano illegalmente un edificio di proprietà pubblica avevano coperto la base. Un blitz nato dopo giorni di polemiche sulla richiesta dell'associazione antifascista «I Sentinelli» di rimuovere la statua per il matrimonio di Montanelli con una dodicenne eritrea durante la guerra d'Etiopia, sull'onda delle manifestazioni antirazziste in memoria di George Floyd. Mentre ancora gli operai lavoravano, i giovani di Forza Italia accompagnati dalla deputata Licia Ronzulli ed esponenti locali sono andati intorno a mezzogiorno a rendere omaggio al fondatore del Giornale e condannare un atto «vile e violento, che non può essere giustificato né sminuito». Ai piedi della statua hanno posato una bandiera tricolore. Nel pomeriggio, il flash mob di Fratelli d'Italia. I giovani militanti, con il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, l'europarlamentare Carlo Fidanza e l'assessore regionale Riccardo De Corato, hanno srotolato un tricolore e intonato l'inno d'Italia. «Chi oltraggia la memoria dei grandi italiani attraverso il vilipendio delle statue è come i talebani, queste strumentalizzazioni bieche devono essere combattute» ha contestato La Russa.
La Digos coordinata dalla Procura sta visionando i filmati delle telecamere di accesso ai giardini per identificare gli autori materiali del deturpamento (nel video pubblicato su Facebook sono incappucciati). Ma il Laboratorio universitario metropolitano (Lume) anche ieri ha rivendicato convintamente l'azione arrivando a chiedere una revisione totale della toponomastica di Milano, «è assolutamente da cambiare, si pensi alla via a Nino Bixio che durante la spedizione dei Mille in Sicilia fucilò diversi contadini». Follia.
Il sindaco Beppe Sala in un video su Facebook il giorno dopo il blitz aveva ribadito che la statua di Montanelli «resta dov'è» e che le vite vanno «giudicate complessivamente». E ha incassato pesanti critiche e insulti sul web. Ieri ha replicato: «Sono uno che ci mette sempre la faccia, il che presumibilmente non mi porterà a fare una grande carriera politica. Potevo certamente usare altre parole ma sono testardo e insisto su un punto. Occhio che se revisionismo deve essere, allora lo sia fino in fondo. Se il tema è la pedofilia, ci sono altri casi di personaggi ricordati con piazze, vie, scuole a Milano a cui potremmo dedicarci. Poi passeremmo ai guerrafondai, categoria ricca di riconoscimenti municipali. E via di questo passo, in un meraviglioso processo senza fine. Mi interessa di più occuparmi di chi sta perdendo il lavoro». Il dibattito, insiste, «è estendibile, potrei fare tantissimi esempi, per me una delle intitolazioni più sbagliate è quella a Luigi Cadorna», il piazzale davanti alla stazione milanese porta il nome del generale, «Mussolini voleva essere compiacente nei confronti di uno dei reduci. Ma quando mi si dice iniziamo a farne una e poi vediamo io non sono d'accordo. O c'è un percorso per cui la città decide che è il momento di ripensare alla toponomastica e ai monumenti, e sono disponibile, o fare un singolo atto, secondo me significa quel che significa». Eppure oggi alle 18.30 dovrà fare i conti con una contestazione organizzata proprio sotto il suo ufficio, in piazza Scala, dalle attiviste di «Non una di meno». Un presidio «per dire che lo stupro e la pedofilia non sono errori. Vogliamo rispondere innanzitutto al sindaco Sala in quanto rappresentante di un gruppo di potere che finora si è autoassolto in continuazione, alimentando una cultura della violenza strutturale e negando qualsiasi discussione su colonialismo e razzismo» spiegano.
Si butta nella mischia l'europarlamentare Pd Pierfrancesco Majorino, ex assessore della giunta Sala, che si dice «sconcertato per la continua minimizzazione delle colpe di cui si è fatto portatore Montanelli in quello specifico momento della vita». Ma la caccia ai voti non lo spingerà fin sotto il balcone del sindaco.
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