Il candidato del centrosinistra a Milano, Giuseppe Sala, ha posto al centro del proprio programma la richiesta al governo di condizioni di maggior favore per la propria città. Avendo lavorato al fianco dei ministri di Matteo Renzi per l'Expo ed essendo vicino all'attuale coalizione governativa, si dice convinto di poter ottenere maggiori concessioni rispetto a quanto potrebbe avere il proprio competitore Stefano Parisi, facendo arrivare a Milano molti più vantaggi economici e fiscali di quanti ottenuti fino ad ora. Allo stesso modo il candidato del Pd a Roma Roberto Giachetti ha annunciato in pompa magna lo sblocco di un milione di euro da parte del governo per la Capitale. E le sue parole - «Presenteremo lo Sblocca Roma con il sottosegretario De Vincenti» - non fanno che strizzare l'occhio al ragionamento di mister Expo. La posizione di Sala ha il merito di essere trasparente. Ai milanesi dice che solo chi ha un rapporto privilegiato con il governo centrale può ottenere benefici tangibili. E poiché lui ha questo rapporto privilegiato, le sue promesse non sono vane ma credibili. Tolto il merito della franchezza, però, il messaggio espresso dal candidato a Milano è totalmente negativo. Sala è portatore non di una concezione federalista o municipalista fondata sulla difesa dell'autonomia amministrativa della città ma solo su un campanilismo egoista superato dai tempi e dalle necessità attuali. E, soprattutto, in quanto fondato sull'indicazione che solo il rapporto privilegiato con il governo può garantire benefici, è espressione di una idea distorta e devastante dello Stato. Quella di stampo medioevale secondo cui non il merito, le capacità e le competenze, ma la vicinanza al potente di turno possono assicurare, oltre che vantaggi, facilitazioni, prebende e quant'altro, la migliore gestione dell'amministrazione cittadina. Nessuno è in grado di prevedere se Sala riuscirà a diventare sindaco di Milano o meno. Ma, di sicuro, il fatto stesso che abbia questa concreta possibilità appare estremamente preoccupante. Passi l'eccesso di campanilismo, che in una campagna elettorale per le Amministrative ci può anche stare.
Ma lanciare ai cittadini il messaggio che solo il vassallaggio al signore di turno consente di nutrire speranze per il futuro è un atto al tempo stesso regressivo ed eversivo. Se mai dovesse passare segnerebbe la fine della democrazia delle autonomie e l'avvento di un nuovo modello di signoria familistica e amorale.
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