Prima e dopo l'operazione a cuore aperto nemmeno una telefonata, anche solo di circostanza o per buona educazione. Il silenzio assoluto, tanto che qualcuno tra i dirigenti milanesi di Forza Italia glielo aveva fatto anche notare, invitandolo a tornare sui propri passi. Insomma, non è stata una dimenticanza quella di non farsi sentire, ma una scelta lucida, forse dettata dalla brusca rottura di qualche mese prima, quando sulla scelta del candidato sindaco a Roma il centrodestra è andato a un passo dall'implosione. Così, che passati quasi 50 giorni dall'intervento Matteo Salvini abbia finalmente sentito la necessità di andare a salutare Silvio Berlusconi, tanto da essere lui a chiedere udienza ad Arcore, è apparso quantomeno singolare.
In verità, la scelta del leader della Lega è più che comprensibile, soprattutto per chi conosce le grandi difficoltà che Salvini sta vivendo dentro il Carroccio. Da una parte stretto dalla morsa di Roberto Maroni (che da mesi organizza la fronda al segretario), dall'altro pressato dal quel pezzo di base che ancora non ha digerito il tentativo di pensionare non solo Umberto Bossi ma pure l'idea originaria di Lega, quella di un partito a vocazione territoriale che si preoccupi di tutelare gli interessi del Nord più che di fare proseliti fuori dai confini della cosiddetta Padania. Una morsa che dopo la batosta delle amministrative si è fatta pericolosa e che l'arrivo sulla scena di Stefano Parisi ha reso ancora più stringente. Il manager scelto da Berlusconi, infatti, ha il compito non solo di rimettere in carreggiata Forza Italia ma pure di creare le condizioni per riaggregare il centrodestra ricostruendo un rapporto stabile con l'area di centro. Inevitabile, insomma, che l'asse dello schieramento rischi ora di spostarsi in direzione opposta a quella dove va un Salvini che ha da tempo imboccato la via lepenista.
Di qui il timore dell'accerchiamento: quello interno, con Maroni in prima linea, e quello esterno, con la conferma che Parisi non sembra essere un fuoco di
paglia come molti auspicavano. Queste le ragioni che lo hanno portato a seppellire l'ascia di guerra e presentarsi ad Arcore mercoledì sera alla ricerca di una sponda. Un modo per provare a smarcarsi dall'accerchiamento.
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