Salvini isolato accusa Conte: "Vuol fare il Macron italiano"

Matteo attacca: "Il ribaltone era già pronto da tempo". Ultima inutile offerta a Di Maio: "Con il Pd sei finito"

Salvini isolato accusa Conte: "Vuol fare il Macron italiano"

Emarginato. Isolato. Pronto a fare le valigie da quell'ufficio ministeriale che, negli ultimi giorni, sembra essere il suo bunker. Da lì il Capitano non può far altro che osservare gli affanni altrui per apparecchiare un governo giallorosso. Poi, verso sera, rompe il silenzio e con una diretta facebook attacca a testa bassa: «Ormai è chiaro che il ribaltone era pronto da tempo. Evidentemente l'accordo nato a Bruxelles era un accordo con l'obiettivo di riportare indietro l'Italia». É amareggiato, Salvini. Furente: «Inorridisco davanti a un patto per le poltrone; e vogliono smontare quello fatto in un anno. Adesso capiamo i tanti no su giustizia e riforme. Il taglio dei parlamentari, per esempio: sparito dall'orizzonte».

Poi sciorina l'orgoglio Lega: «Noi siamo pronti a una manovra economica epocale. Gli italiani vogliono il taglio delle tasse. Con un governo Pd-M5s... Molto difficile». Quindi attacca Conte: «Se il M5s s'è scoperto costola della sinistra, bastava che il premier ce lo dicesse prima. Si può scappare dal voto un mese, due, un anno, ma non all'infinito. Quindi diciamo no al classico ribaltone all'italiana».

Ma ormai i giochi sono fatti. La Lega è relegata all'opposizione, nonostante il Capitano abbia offerto a Di Maio di tutto e di più: «Fai tu il premier», «D'accordo sui tuoi 10 punti», «Fidati, senza Conte andiamo avanti fino al termine della legislatura». E ancora: «Se vai col Pd sei finito, Luigi».

La riedizione di un esecutivo gialloverde tramonta definitivamente anche perché c'è di mezzo Conte. Adesso è lui la bestia nera per il Carroccio. Un po' perché in Senato, una settimana fa, ne ha dette di tutti i colori al Capitano. Un po' perché, giurano i leghisti che stavano nei ministeri, «quello non ha mai mediato tra noi e i 5 stelle. Mai». Centinaio ricorda: «Nel momento in cui abbiamo espresso dubbi e perplessità non c'era dall'altra parte, soprattutto da parte del premier, la volontà di far sedere i due leader per dare nuove risposte». Non solo. Un sottosegretario insinua: «Ma è chiaro, no? Conte si sta costruendo da tempo una posizione del tutto personale, sganciata anche dai 5 stelle. Lui vuol fare il Macron italiano. Bella roba...».

Il Capitano si sta mangiando le mani? Lui giura di no e i suoi confermano: «Non si poteva andare avanti così. Non era mica solo il Gianca (Giorgetti ndr.) a dirlo. L'abbiamo detto tutti al capo: Matteo, da quattro mesi non riusciamo più a fare un c...». Il risultato è questo: il Carroccio fuori dalla stanza dei bottoni. Spallucce: «Torniamo a fare la Lega di lotta, che ci viene bene, contro un governo nato solo per occupare le poltrone».

E via a pigiare il tasto della dignità: «Metto sul tavolo 7 ministri nel nome del cambniamento. Ma a testa alta davanti agli italiani perché la dignità non è in vendita e non vale mille poltrone. Anche perché, alza il dito il Capitano: «Prima o poi il giudizio degli italiani arriva».

Si rivolge inidrettamente al capo dello Stato: «Mattarella ha parlato di governo con i numeri ma soprattutto con un programma condiviso: che c'azzeccano M5s-Pd?».

Poi il leader spegne l'incendio che aveva acceso nel pomeriggio il suo ministro della Famiglia, Alessandra Locatelli.

La quale aveva evocato la piazza: «Spero che il popolo insorga il prima possibile», aveva tuonato. Ma il Capitano la sconfessa, almeno davanti alle telecamere: «Io faccio il ministro che si occupa di tranquillità e sicurezza, non di insurrezioni popolari». Tra poche ore andrà cambiato verbo: «Facevo...».

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