Salvini non ha sconfinato con la direttiva sulla Mare Jonio

Secondo alcuni esperti, fra cui l'ammiraglio Fabio Caffio, la direttiva del ministero dell'Interno ai vertici delle Forze Armate è lecita in base al Testo unico sull'immigrazione

Salvini non ha sconfinato con la direttiva sulla Mare Jonio

Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha realmente "sconfinato" con la direttiva sulla Mare Jonio? Non tutti sono d'accordo e ora anche all'interno ella Difesa gli esperti si dividono. Come spiega Agi, la questione è molto più articolata di quanto si possa credere. Anzi, c'è chi crede che, al netto di uno stile forse eccessivamente impositivo, la direttiva rivolta ai vertici delle Forze Armate aveva una base giuridica solida.

Secondo i vertici della Difesa, il problema della direttiva risiederebbe nel fatto che il documento -con cui si intima che alla Mare Jonio siano fatti rispettare gli ordini delle autorità italiane - sia stato indirizzato non solo alle forze di polizia ma anche alle Forze armate. Le quali però, come ribadito anche oggi dallo Stato Maggiore della Difesa, rispettano la linea gerarchica, dunque dipendono dal presidente della Repubblica e dal ministero della Difesa. Salvini, rispondendo all'irritazione dei vertici militari, ha detto: "Siamo tranquillissimi perché il Viminale è la massima autorità per la sicurezza interna. Quindi la direttiva sui porti è doverosa, oltre che legittima".

E Salvini potrebbe non avere torto. La direttiva del Viminale è stata, infatti, indirizzata ai vertici della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di finanza, della Marina militare, della Guardia costiera "e, per conoscenza, al Capo di Stato Maggiore della Difesa". In questo senso, il sito dell'Arma dei Carabinieri parla chiaro: "Le funzioni di mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica risalgono unitariamente alla responsabilità esclusiva del Ministro dell'Interno, quale Autorità nazionale di pubblica sicurezza". In questo senso, il ministero dell'Interno coordina le attività delle forze di polizia, cioè la Polizia di Stato, che dipende dal Viminale, l'Arma dei Carabinieri e il Corpo della Guardia di Finanza che non dipendendo però dall'Interno. La Marina militare invece dipende dal ministero della Difesa mentre la Guardia costiera - corpo specialistico della Marina- dipende dal ministero dei Trasporti.

Il Testo unico

La scelta di Salvini sarebbe coperta dal Testo unico sull'immigrazione (d.lgs. 286/1998), in particolare dagli articoli 11 e 12 del provvedimento. In questo si stabilisce che "il Ministro dell'Interno (...) emana le misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana". Questo significa, in sostanza, che il ministro dell'Interno aveva facoltà di emanare direttive sul controllo delle frontiere marittime. Nello stesso legislativo, all'art. 12, co. 9 ter, si legge: "Le navi della Marina militare, ferme restando le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale, possono essere utilizzate per concorrere alle attività di cui al comma 9-bis". Il che riguarda le attività di fermo ispezione e sequestro per le navi "di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti".

Secondo l'esperto di diritto del mare, ammiraglio Fabio Caffio, "il ministro dell'Interno ha agito legittimamente, quello che c'è scritto nella direttiva è inconfutabile". "Il problema è probabilmente la forma, la direttiva aveva uno stile troppo impositivo considerato che era rivolta anche ai vertici della Difesa.

Penso che, banalmente, sia necessario che le autorità di vertice dei vari ministeri coinvolti si parlino e si coordinino meglio. Ma siamo comunque davanti a una tempesta in un bicchiere d'acqua". Per adesso, quindi, gli esperti danno ragione al ministro.

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