Sarkozy fermato dai giudici: "Intascò tangenti dalla Libia"

Per i magistrati francesi avrebbe ricevuto 5 milioni da Gheddafi. Che poi fece giustiziare in Libia nel 2011

Sarkozy fermato dai giudici: "Intascò tangenti dalla Libia"

Nomi che dicono poco. Faccendieri in giacca e cravatta e magistrati. Ecco i protagonisti del nuovo caso che riguarda Nicolas Sarkozy, l'ex presidente della Repubblica francese da ieri in stato di fermo perché avrebbe ricevuto «5 milioni in contanti» dagli uomini del colonnello Muhammar Gheddafi. L'accusa è di finanziamenti illeciti da parte di Tripoli per la campagna elettorale del 2007 che lo portò all'Eliseo ed entro 24 ore potrebbe essere costretto a presentarsi ai magistrati per l'incriminazione.

L'indagine giudiziaria comincia cinque anni fa, ma lo spettro del defunto Colonnello era già risorto il 12 marzo 2012, quando il giornale Mediapart parla per la prima volta dei finanziamenti. La vendetta libica emerge dalle ceneri del regime di Gheddafi. Da quella Libia bombardata su iniziativa francese nel 2011 che portò la comunità internazionale in guerra, la caduta del Colonnello e l'Isis a Tripoli.

Negli anni, diversi dignitari dell'epoca Gheddafi hanno collaborato con la giustizia rendendo «testimonianze», ma non prove schiaccianti. Primo fra tutti, Ziad Takieddine, intermediario che afferma di aver trasportato i 5 milioni da Tripoli a Parigi tra il novembre 2006 e il gennaio 2007. Per consegnarli a chi? Secondo la procura, all'uomo che divenne segretario generale dell'Eliseo e poi ministro dell'Interno, Claude Guéant, braccio destro di Sarko e capo della sua campagna elettorale; Guéant, che frequentava la Libia sin dal 2004 con Jacques Chirac e poi con Sarkozy, ieri ha ribadito: «Mai visto un centesimo di finanziamento libico».

Per rafforzare le accuse contro Sarko mancano le prove. Ma Le Monde ricorda le ammissioni di un altro libico, stavolta con un ruolo nelle alte sfere del Paese: l'ex direttore dell'intelligence militare, Abdallah Senoussi, che il 20 settembre 2012 dichiara al procuratore generale del Consiglio nazionale di transizione libico l'esistenza di tre valigie piene di soldi. A chiudere il cerchio, l'ex ministro del Petrolio Shoukri Ghanem, morto nel 2012 in circostanze misteriose, che lascia reperire un diario con cifre, nomi e cognomi.

L'accusa considera i documenti di Ghanem alla stregua di «libri paga». Indizi «gravi e concordanti» lasciano ipotizzare «complicità nella corruzione di pubblico ufficiale straniero» e «complicità nell'appropriazione indebita di fondi pubblici in Libia». Manca però il tassello più recente: l'arresto del 58enne uomo d'affari Alexandre Djouhri. Bloccato a Heathrow lo scorso gennaio, sarebbe lui l'ultimo tramite, l'uomo-chiave da interrogare per cui la Francia è in attesa dell'estradizione. E ciò non accadrà prima di un mese.

Sarkozy affronta intanto il «Burian bis» della sua storia. Ascoltato ieri per la prima volta dall'apertura dell'inchiesta nell'aprile 2013, di fronte ai rilievi nega tutto come fece nel dibattito per le primarie del 2016. Allora definì i protagonisti libici della storia bugiardi di professione con le mani sporche di sangue. Resta però la frase del figlio di Gheddafi, Saif-al Islam, pronunciata in tv il 15 marzo 2011 poco prima che i caccia francesi volassero su Tripoli: «Gli abbiamo dato un aiuto affinché operasse per il popolo libico, ma ci ha deluso». Pareva un dettaglio trascurabile. Oggi fa parte del puzzle che potrebbe disegnare l'incriminazione.

I repubblicani fanno appello alla presunzione d'innocenza cercando di tenere unita una famiglia politica disgregata, lontana dai trionfi. E gli uomini del passato glorioso vengono chiamati a rispondere con Sarkozy: ieri è stato ascoltato anche Brice Hortefeux, all'epoca dei fatti ministro delle Collettività territoriali e strettissimo collaboratore di Sarkozy dai tempi di Neully.

Si smarca il premier Edouard Philippe, che proviene dagli stessi ranghi repubblicani: «Tutti sanno che con Sarkozy ho avuto rapporti difficili, nessun commento sulla procedura giudiziaria». Ormai convertito al movimento di Emmanuel Macron, getta benzina sul fuoco.

Nadine Morano, eurodeputata gollista, chiede

prudenza ai media: «Sarkozy è stato accusato spesso, e spesso ne è uscito pulito». Diviso il Front National tra fiducia nella giustizia e pena nel vedere un ex presidente della Repubblica alle prese con un simile affaire.

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