Uno schiaffo alla democrazia

Il voto sulla piattaforma Rousseau è uno schiaffo alla democrazia. Una duplicazione delle liturgie di una nazione dentro gli schemi di un movimento

Uno schiaffo alla democrazia

Il voto sulla piattaforma Rousseau è uno schiaffo alla democrazia. Una duplicazione delle liturgie di una nazione dentro gli schemi di un movimento per creare una sorta di avvertimento al presidente incaricato Draghi. Ma possono 60 milioni di italiani dipendere, in una fase drammatica del paese, da meno di 200mila iscritti a una sorta di simulacro dell'abolizione del meccanismo rappresentativo che invece non ha nessuna autorevolezza istituzionale? Da un lato in sintesi c'è il sogno irrealizzabile dell'iperdemocrazia on line di Casaleggio padre, dall'altro la nostra democrazia reale, cristallizzata in una carta costituzionale. Imperfetta, in crisi, strattonata dalla rivoluzione tecnologica del nostro secolo, ma pur sempre il faro dei cittadini della penisola. A garanzia di questa democrazia c'è un signore, il capo dello Stato, che finalmente stanco delle liti in salsa giallorossa e della caccia ai Ciampolilli, ha chiesto a tutti uno scatto. La polis prima delle logiche di partito, i vaccini che salvano la vita, i progetti del Recovery fund che salvano l'economia e il futuro delle prossime generazioni. Quasi tutti hanno sentito questo richiamo. Il Pd si è liberato dell'ossessione piscoanalitica di Giuseppi e ha detto siamo Con te, intendendo Mattarella. Italia viva aveva questo, secondo me, come approdo fin dall'inizio, magari con il sussurro di Biden, tanto che per trovare un elogio all'intelligenza politico-machiavellica di Renzi si è dovuto scomodare il New York Times. Berlusconi è venuto di persona a Roma accolto come una pop star per suggellare la stima reciproca con l'ex capo della Bce e blindare un partito che per primo si era detto disponibile al bene del paese al di là degli steccati. Salvini, ricordiamolo ancora in testa ai sondaggi nazionali, ha fatto una scelta simile sul piano della maturità personale e della maturazione istituzionale della Lega. La Meloni segue legittimamente la sua coerenza, regge la dialettica dell'opposizione a tutti i costi (ma Draghi non è e non sarà Monti). E Grillo che fa? Prima lodi sperticate, poi colpo di freno. Sentiamo un po' che dice il grande banchiere e poi votiamo su Rousseau. Quando? Vediamo, lo dico io.

Intanto rilancia l'idea di un superministero green, e siccome sulla rivoluzione sostenibile ci finiranno circa 70 miliardi di euro, chi ci mette il cappello... Fosse così, più che di iperdemocrazia parlerei di ipermercato!

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