La sceneggiata pugliese, starring gli antichi sempiterni alleati populisti Emiliano&Conte, raggiunge nuove vette surreali.
Il primo annuncia dalle colonne dello house organ contiano, Il Fatto, il suo garibaldesco «Obbedisco» al capo 5S: «Faremo ciò che ci chiede». Ossia un rimpastino della giunta, con la sostituzione dei due assessori caduti sul campo e la promessa di «non tollerare più alcun tipo di attività che non sia perfettamente conforme ai principi di imparzialità e legalità».
Mentre il governatore si mette sull'attenti, i Cinque Stelle di Conte si mostrano magnanimi e fanno capire di essere pronti a tornare in giunta con lui: «Credo che subito dopo il percorso in Puglia con Emiliano possa riprendere», annuncia in tv il capogruppo contiano Silvestri.
In tutto ciò, il Pd di Elly Schlein sembra desaparecido. Lei invita Emiliano a «non limitarsi a sostituire» assessori, fa trapelare di essersi lamentata con gli intimi che «quello (ossia Conte, ndr) ha fatto il governo con Salvini, col Pd e pure con Draghi e ora il principe dei trasformisti fa la morale a noi?». Poi, però, ai suoi elettori non dice pubblicamente nulla di tutto ciò, e si limita a inseguire il rivale-alleato sul suo terreno, sempre in ritardo. E cerca di scaricare senza parere i «cacicchi» pugliesi: «A Elly - dice uno dei suoi - Emiliano e Decaro interessano per i voti alle Europee. Ma al congresso stavano con Bonaccini, mica con noi».
Intanto il Pd viene pubblicamente bastonato dal fronte 5S ma anche da quello anti-5S. L'immagine più feroce la trova Carlo Calenda: «Conte fa il suo cinico gioco e sarà il Dracula del Pd. Al posto di Elly lo mollerei: i 5S sono una iattura». Matteo Renzi ricorda che «lo scandalo» pugliese non è tanto giudiziario quanto politico, e in perfetta sintonia col contismo: «Tap, xylella, trivelle, Ilva: una vergogna che noi abbiamo sempre contrastato e che ha un nome: Michele Emiliano». Che però, dice Davide Faraone, «viene ricevuto in confessionale da Padre Conte e assolto dai suoi peccati: quanto di più ridicolo e umiliante per il Pd». I dem sembrano pugili suonati: «Conte, in alleanza con la magistratura, sta agendo. In Rai fa sponda con la destra. Se i pochi che hanno in mano il Pd non si riprendono e reagiscono, siamo finiti», geme un ex membro di governo. Invece il Pd slitta sulla linea Conte anche in politica estera, con il responsabile Esteri Provenzano che attacca il presidente del Consiglio Ue Michel per aver osato parlare di «economia di guerra», mentre l'Europa deve occuparsi «di pace».
La sottomissione politica al populismo grillesco si riflette nella frenetica ricerca di candidati col timbro della questura: a Bari si inseguono ex prefetti o ex pm per candidarli a sindaco insieme a M5s. Sembrava in pole position la ex procuratrice della Corte d'appello Tosto, però si è scoperto che anche lei aveva avuto un incarico da Emiliano: presidente del Cda della Apulia Film Commission, organismo che promuove la nota Bolliwood alle cime di rapa, in quanto «raffinata intellettuale capace di leggere il contesto operativo», spiegò all'epoca il Governatore. Quindi si è ripiegato sul marito, Pietro Curzio, magistrato anch'egli ma meno cinefilo. A Torino si cercano pm, moralisti civici militanti o adepti della dolente antimafia in tonaca alla don Ciotti. Insomma: candidiamo chiunque tranne politici che sappiano governare e amministrare.
Peccato che a fare questo giochino per elettori fessi sia molto più abile Conte, professionista del ramo.
Che infatti con i suoi già fa di conto: «Questa roba può valere un paio di punti percentuali per noi alle Europee», si frega le mani. Intanto annuncia di essere pronto a trasferirsi lunedì in Sicilia, per capeggiare gli insorti anti-Ponte cui dà appuntamento «davanti al ristorante Gitanos»: tutto fa brodo.
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