Schlein si salva a Brescia. E Conte resta irrilevante

Castelletti risolleva il morale alla leader dem. Ai ballottaggi si scoprirà se esiste l'effetto novità

Schlein si salva a Brescia. E Conte resta irrilevante
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A salvare il pomeriggio di Elly Schlein è stata una donna, Laura Castelletti, che ha vinto al primo turno e con buon vantaggio il comune di Brescia. La segretaria le ha prontamente telefonato per le congratulazioni di rito, ma la vittoria lombarda è a somma zero, visto che la città era già governata dal centrosinistra.

Per il resto, il Pd punta sui ballottaggi che possono riaprire la partita in diversi dei 13 capoluoghi che ieri andavano al voto, e in cui il centrosinistra potrebbe riconquistare qualche posizione, recuperando voti in quel «campo largo» che è andato al voto in ordine sparso: dalla «sorpresa» di Vicenza alla roccaforte Ancona, fortemente insidiata dal centrodestra fino alla speranza di riconquistare qualche ex feudo toscano (Siena in particolare) passato al fronte avversario nelle scorse comunali. «Partivamo da una situazione in cui il centrodestra guidava i 2/3 dei comuni al voto - tira le somme a sera il responsabile enti locali del Nazareno Davide Baruffi - Poche conferme per il centrodestra e molti scontri diretti che si risolveranno tra due settimane». Al secondo turno si faranno i conti per capire se il famoso «effetto Schlein» esiste o no, e anche se i voti M5s arriveranno ai candidati dem indipendentemente dalle indicazioni palesi o occulte di Giuseppe Conte, che non ha alcuna intenzione di dare una mano alla leader Pd. Ancona è uno dei luoghi simbolo di questo scontro sotterraneo: Ida Simonella, assessore della giunta Pd uscente che arriva al ballottaggio in svantaggio sull'avversario, è appoggiata solo da dem e Terzo Polo, e il franceschiniano Alberto Losacco (senatore marchigiano) avverte Conte: «Sono certo che tutti saranno consapevoli che consegnare la città alla destra è un prezzo troppo alto da pagare per una sfida identitaria».

Il caso Vicenza fa storia a sé: il giovane dem Giacomo Possamai va al secondo turno in prima posizione rispetto all'avversario, e fa pregustare una vittoria a sorpresa al centrosinistra. Ma difficilmente potrebbe essere attribuita all'effetto Schlein: Possamai è moderato, assai vicino all'ex segretario Enrico Letta (che lo chiamò con sé a Palazzo Chigi) e alle primarie ha sostenuto Stefano Bonaccini. In campagna elettorale ha invitato sindaci dem come Sala e il veronese Tommasi, ma si è tenuto alla larga dalla segretaria.

Dal canto suo, Giuseppe Conte si tiene alla larga dalle amministrative, che confermano la sostanziale irrilevanza 5S, e dal Pd: «Sul tavolo non c'è nessuna alleanza strutturale». Preferisce piuttosto occuparsi di Rai, dando via libera in Cda al «ribaltone» di centrodestra in cambio di posti interni che sta trattando con Palazzo Chigi. «Tuona che i partiti devono stare fuori dalla Rai, ma evidentemente non vale per i movimenti. In particolare per il suo», sibila un dirigente dem. Le mosse del leader grillino vengono osservate con crescente sospetto al Nazareno: l'ex premier gioca di sponda, con spregiudicatezza, con il governo Meloni. Ai danni degli aspiranti alleati dem: sulla Rai, appunto, ma anche sulle nomine.

Lo si è visto quando, a fine aprile, è riuscito a far piazzare coi voti del centrodesta l'antico sodale Alfonso Bonafede, ex ministro ora disoccupato, nel Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. E lo si è visto anche quando ha chiesto e ottenuto da Giorgia Meloni (interessata ad avere una sponda utile a dividere la sinistra) di riceverlo per primo nelle consultazioni sulle riforme istituzionali. In barba a Elly.

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