Cinquantuno mobilitazioni al mese. Poco più di una e mezza al giorno. I numeri dello «scioperificio» Italia fanno impressione e raccontano di un Paese preso in ostaggio dai sindacati. Nel 2024 sono stati 1.603 gli scioperi proclamati e 981 quelli revocati, per un totale di 622 proteste andate in scena. Un record, non certo in positivo.
L'anno ormai al termine è anche stato quello in cui le principali sigle sindacali hanno ulteriormente alzato il livello dello scontro con il governo, trasformando le loro istanze in un pretesto per «sabotare» l'attività dell'esecutivo. Senza peraltro ottenere effettivi vantaggi per i lavoratori. Al contrario, sono stati proprio questi ultimi a subire le ripercussioni delle quotidiane agitazioni, soprattutto in riferimento ai servizi pubblici essenziali e al settore dei trasporti.
Nel 2024, il trasporto pubblico locale ha anche registrato il primo sciopero di 24 ore senza fasce di garanzia da venti anni. I dati del Garante hanno attestato un aumento delle giornate di sciopero rispetto al 2023, quando erano state proclamate 1.647 mobilitazioni, di cui 1.064 revocate, per un totale di 583 astensioni dal lavoro. Circa 48 al mese.
Dopo il periodo pandemico, segnato da una riduzione dei conflitti sindacali, i «professionisti dello sciopero» sono tornati a protestare come un tempo: nel 2017 gli scioperi proclamati erano stati 1.617, oggi ci siamo molto vicini. Stavolta, però, a Palazzo Chigi c'è un governo di centrodestra e così le mobilitazioni hanno in molti casi assunto una connotazione politica.
I sindacati più vicini alla sinistra, in particolare, hanno ingaggiato un vero e proprio braccio di ferro con il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, costretto più volte a firmare la precettazione per «difendere il diritto al lavoro». E per evitare agli italiani «l'ennesimo venerdì di caos». Sì, perché di frequente gli scioperi sono stati proclamati proprio a ridosso del weekend.
Nel dettaglio sono stati precettati lo sciopero del trasporto ferroviario del 19 e 20 maggio, la mobilitazione generale del 29 novembre e quella del 13 dicembre (precettazione poi annullata dal Tar). Proprio in questo clima di tensione, lo scorso 6 novembre il leader della Cgil, Maurizio Landini, aveva invocato la «rivolta sociale», gettando benzina sul fuoco. Oltre a creare disagi, le agitazioni si sono spesso rivelate un flop: raramente hanno raggiunto adesioni nazionali a doppia cifra percentuale.
Nel 2024, gli scioperi hanno interessato tutti i settori, dalla sanità alla scuola alla giustizia, passando per l'automotive. Riflettendo sulla situazione venutasi a creare, nelle scorse settimane lo stesso Salvini aveva osservato: «La normativa sullo sciopero va rivista insieme ai sindacati, penso che siano loro in primis ad accorgersi che se c'è uno sciopero al giorno, il primo a rimetterci è lo sciopero stesso».
Ma a gennaio, dopo i brindisi di Capodanno, lo «scioperificio» torna in attività: nel calendario del Garante, risultano già 45 gli scioperi
in programma, esclusi quelli revocati. E i trasporti restano i protagonisti della protesta e quindi dei disagi. Occhi puntati sul 10 gennaio, che si preannuncia una giornata nera per la mobilità. Anno nuovo, solita storia.
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