Il voto del Parlamento europeo con cui è stata bocciata la risoluzione di rigetto sulla tassonomia includendo perciò il gas e il nucleare tra le fonti energetiche verdi, avrà nei prossimi anni un impatto determinante sulle scelte in campo energetico dell'Europa. È stato scongiurato il rischio dell'ennesima scelta autolesionista dell'Ue che avrebbe determinato gravi ricadute per l'economia europea e italiana. Se è vero che l'inclusione del nucleare come fonte green fa tirare un sospiro di sollievo a Parigi, lo stesso dicasi per l'Italia e la Germania nel caso del gas. L'atto delegato sulla tassonomia entrerà in vigore dal 1 gennaio 2023 e non significa che le istituzioni europee abbiano cancellato l'obiettivo di emissioni zero entro il 2050 né l'abbandono delle rinnovabili. In parallelo alla crescita delle fonti rinnovabili, la Commissione ritiene che gli investimenti privati possano avere un ruolo nella transizione verde per i settori del gas e del nucleare classificandoli come attività che contribuiscono alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Non si tratta però di un'inclusione a scatola chiusa ma è limitata nel tempo e dipende da condizioni e requisiti di trasparenza. Proprio la dinamica temporale gioca un ruolo fondamentale in questa decisione poiché la lezione che abbiamo appreso negli ultimi anni è che la transizione ecologica non si può realizzare dall'oggi al domani ma richiede tempo onde evitare drammatiche conseguenze socio-economiche.
A detta di chi avrebbe voluto escludere il gas dalla tassonomia verde, con il voto dell'europarlamento si è fatto un favore alla Russia che può continuare a esportare metano in Europa nonostante anche il Parlamento ucraino si sia espresso a favore del gas e del nucleare nella tassonomia cancellando così ulteriori alibi a chi utilizza Mosca come scusante.
In realtà, è una scelta che rafforza la sicurezza energetica delle nazioni europee consentendo di riattivare e sostenere l'estrazione di gas locale (per l'Italia i giacimenti nell'Adriatico) nell'ottica di aumentare l'indipendenza dal Cremlino. Peraltro, non potendo il nostro Paese usufruire dell'energia nucleare, la stragrande maggioranza degli sforzi del governo italiano dalla scoppio della guerra in Ucraina ad oggi, è stata orientata a diversificare i fornitori aumentando i flussi di gas da nazioni alternative alla Russia. Cancellare la tassonomia avrebbe significato gettare all'aria tutti gli sforzi degli ultimi mesi, eppure Greenpeace ha annunciato una causa legale contro la Commissione europea che sarà presentata alla Corte di Giustizia europea puntando il dito contro le «lobby dei combustibili fossili e del nucleare». Numerose associazioni ambientaliste si sono rese protagoniste di una vera e propria alzata di scudi dopo il voto dell'europarlamento testimoniando un approccio ideologico che non tiene in considerazione la congiuntura internazionale che stiamo vivendo con il prezzo dell'energia in continuo aumento. Anche perché varie nazioni europee, per cercare di mitigare gli aumenti e scongiurare il razionamento, sono tornate a utilizzare una fonte fossile molto più inquinante come il carbone e, se la priorità è la decarbonizzazione, escludere il gas e il nucleare sarebbe stato irresponsabile.
Ora sia aprono due scenari: il primo riguarda l'Unione europea e impone una riflessione sulle modalità di realizzazione del Green deal alla luce dei recenti cambiamenti radicali avvenuti in
campo energetico, il secondo è legato all'Italia con la necessità di aprire un dibattito sull'utilizzo dell'energia nucleare in particolare dopo i primi progetti europei per le centrali a fusione nucleare da 500 megawatt.
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