Scossa sul conflitto: ora il rilancio russo? L'Occidente al bivio sull'invio di armi

Mosca potrebbe puntare su Bakhmut e strappare all'Ucraina il 50% del Donetsk. Restano le incognite sulla macchina militare del Cremlino e sulla lotta tra fazioni. Il nodo delle forniture di Usa e Nato

Scossa sul conflitto: ora il rilancio russo? L'Occidente al bivio sull'invio di armi

Orgoglio e propaganda sono duri a morire. E così ieri mentre Mosca annunciava la presa di Soledar e la Cnn documentava la rotta ucraina, il presidente Volodymyr Zelensky ribadiva che i suoi continuavano a combattere. Affermazione anche vera, ma riferita a piccole unità incaricate di coprire una generale ritirata. Del resto le foto della cittadina disseminata di cadaveri ucraini, (si parla di 700 caduti solo tra martedì a giovedì) diffuse su Telegram dai militanti di Wagner facevano capire come le difese fossero ormai collassate. Ora però bisogna capire quale sarà il prossimo capitolo della guerra.

La prima incognita riguarda la capacità di Mosca di trasformare Soledar nel trampolino di una nuova avanzata dopo sei mesi di controffensive ucraine. Anche perché Mosca ha già annunciato una ristrutturazione della macchina militare in grado di moltiplicarne gli effettivi. A questa seconda incognita non da poco s'aggiungono i dubbi degli Usa sull'opportunità di garantire a Kiev carri armati e nuove forniture di armi capaci non solo di moltiplicare il rischio d'escalation, ma anche di prolungare indefinitamente la guerra. La capacità della Russia di proseguire l'offensiva di Soledar circondando Bakhmut, dodici chilometri a Sud Ovest, per poi strappare all'Ucraina quel 50 per cento del Donetsk ancora nelle sue mani, dipende anche dalla ricomposizione dello scontro tra il ministero della Difesa di Mosca e Euvgeny Prigozhin, lo spregiudicato boss della Wagner pronto a rivendicare il merito esclusivo della presa di Soledar. Ma pur contando su ventimila uomini, cannoni, carri armati e forze aree autonome, la Wagner non può certo pensare di annientare la logistica ucraina e completare l'accerchiamento di Bakhmut senza l'appoggio delle forze armate convenzionali.

L'incognita più pesante in questa lotta intestina riguarda il generale Sergey Surovikin ridimensionato da comandante del fronte ucraino a vice del Capo di Stato Maggiore generale Valery Gerasimov proprio in seguito, si dice, alle intese raggiunte con la Wagner di Prigozhin. Il ridimensionamento rischia di vanificare le strategie che hanno permesso di rendere complementari la capacità di sfondamento degli uomini della Wagner e la pressione garantita dall'imponente macchina militare russa. Ma il Ministro della Difesa Sergey Shoigu, da mesi nel mirino degli irriducibili del «partito della guerra», punta anche a schierare, come annunciato il 21 dicembre, 17 nuove divisioni operative portando a un milione e 500mila gli effettivi delle forze armate tra cui 700mila militari arruolati su base professionale a fronte degli attuali 380mila. Un allargamento conseguibile solo nel giro di anni che - proprio per questo - fa paura a Kiev preoccupata di andar incontro ad una guerra infinita. Non a caso ieri il generale Oleksly Hromov, vice comandante delle operazioni ucraine ha accennato al rischio di vedersela con un esercito da due milioni di soldati riserve comprese. Cifre sicuramente esagerate visto che il milione e mezzo di effettivi previsti da Shoigu dovrà badare alla difesa di frontiere estese dal Mar Baltico a quello del Giappone.

Ma l'enfasi sul rischi di una moltiplicazione delle forze russe fa capire quanto Kiev invochi nuove forniture d'armi nel timore di una guerra infinita capace di esaurire il potenziale umano del proprio esercito.

Ma i timori di Kiev fanno i conti con quelli della Nato preoccupata dal protrarsi di una guerra che continua, nonostante le crescenti forniture d'armi, ad infliggere agli ucraini perdite insopportabili. Con il rischio di garantire carri armati e forniture sempre più potenti, ma ritrovarsi, alla fine, a far i conti con un'Ucraina irrimediabilmente devastata e a corto di soldati in grado d'impiegare i nuovi armamenti.

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