Se la burocrazia batte la tecnologia

Il 3 ottobre scorso il «debutto» del Mose aveva rappresentato un momento di enorme soddisfazione per Venezia

Se la burocrazia batte la tecnologia

Il 3 ottobre scorso il «debutto» del Mose aveva rappresentato un momento di enorme soddisfazione per Venezia. Al di là degli sprechi e dei molti episodi finiti sotto la lente della magistratura, la struttura realizzata per tutelare la città dall'acqua alta aveva dato ottima prova di sé. Si era avuta la sensazione che si fosse dinanzi a un nuovo inizio, risolvendo un problema che tormentava la laguna da decenni.

Ora i veneziani devono fare i conti, invece, con i guasti di sempre. All'origine vi sono errori di previsione (si credeva che l'acqua sarebbe arrivata «solo» a quota 124 cm, e invece sono stati molti di più), ma la causa dello sfascio è soprattutto nella decisione di utilizzare il nuovo dispositivo solo in circostanze critiche. Il risultato è che la Basilica di San Marco, che già tanto ha sofferto negli anni scorsi, si è trovata di nuovo con i mosaici sott'acqua. Stavolta nemmeno le passerelle tradizionali che da sempre permettono ai veneziani di spostarsi erano state disposte in maniera accurata e di conseguenza la città ha vissuto tremendi disagi.

Il Provveditorato alle opere pubbliche del Nord-Est giustifica il fatto di non avere azionato il Mose sostenendo che, in questa fase, si è ritenuto di doverlo usare solo per previsioni superiori ai 130 cm. C'è però da chiedersi se non sia opportuno proteggere Venezia anche a livelli più bassi: soprattutto se si considera che quanto può essere pronosticato dal Centro sulle maree ha sempre un margine di errore assai alto.

Da ieri è evidente che la decisione di attivare le paratie unicamente dinanzi a previsioni di 130 cm è stata insomma un errore, in larga misura connesso alla volontà di non danneggiare gli operatori portuali che, quando il Mose è attivo, non possono lavorare. A questo fine, è urgente che per le imprese marittime si trovino soluzioni alternative: perché altrimenti i miliardi destinati al Mose e al suo funzionamento sarebbero del tutto sprecati. Bisognava muoversi in tal senso già anni fa e per questo ora si deve agire in fretta, soprattutto realizzando la conca di navigazione.

Venezia è unica e ha bisogno della massima tutela.

Il disastro di ieri può allora essere utile, nonostante tutto, se obbligherà la politica a capire che ormai il Mose va fatto funzionare in ogni circostanza e che per quanti possono subire danni dalla chiusura della laguna vanno velocemente predisposte le soluzioni più opportune: a partire dalla conca di navigazione che permette di uscire ed entrare. Non si può più perdere altro tempo.

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