Filtra l'amarezza con l'ironia: «Mi hanno dato il premio». Il premio è l'avviso di garanzia ricevuto in perfetta solitudine nei giorni scorsi. Vito Strazzella, raffinato imprenditore sabaudo, titolare del prestigioso caffè San Carlo, è l'unico indagato per il sabato di follia in cui sono rimaste ferite 1.527 persone. La piazza era sfuggita di mano, gli abusivi vendevano bottiglie di vetro, le vie di fuga erano ostruite, l'organizzazione, a dir poco approssimativa, non aveva previsto quel che purtroppo è successo, ma alla fine l'unico a dover rispondere alla magistratura è lui. Almeno per ora. Sembra una di quelle storie sull'ingiustizia della giustizia, qualcosa che andrebbe bene per un canovaccio della letteratura popolare, invece siamo a Torino, la sera del 3 giugno, finale di Champions.
«Alle tre e mezzo del pomeriggio - racconta Strazzella al Giornale - due vigili mi hanno comunicato che dovevo togliere il dehors sulla base di un'ordinanza del questore. La piazza era già mezza piena, me l'avessero detto il giorno prima avrei lavorato di notte, ma a quell'ora era impossibile. Mi sono attaccato al telefono, ma non c'era nessuna società disposta a intervenire in tempi cosi rapidi e poi sarebbe stato un azzardo, perché il dehors che è lì da vent'anni e in vent'anni non è mai stato spostato, avrebbe richiesto l'intervento di un tir o comunque di mezzi pesanti. Ha presente?».
Strazzella è scoraggiato: «Ho fatto notare che non sarei stato in grado di muovere la struttura, hanno replicato che ne avrei risposto in sede penale».
Fin qui, come si dice in questi casi, l'antefatto. La burocrazia, ottusa e borbonica, contro le richieste sensate e dettate dal buonsenso di Strazzella. Che poi si immerge in quella serata folle: «Il dehors ha ospitato più di cento persone, c'erano feriti dappertutto, scene terribili, mamme che urlavano e ci lanciavano i figli perché li salvassimo. Io e i miei dipendenti abbiamo prestato soccorso, abbiamo distribuito bottiglie d'acqua, abbiamo adagiato sui divanetti i ragazzi in difficoltà, in attesa dei medici. Abbiamo fatto quel che potevamo, solo il nostro dovere di cittadini, ci mancherebbe, ma questo avviso di garanzia proprio mi sta stretto».
Sembra un canovaccio d'altri tempi, adatto alle maschere della commedia dell'arte: il mondo ingiusto e cinico di Arlecchino e Pulcinella. Le istituzioni contro il popolo. L'abnegazione che viene punita, l'impegno che diventa una zavorra, la beffa conclusiva, come da tradizione di cui si farebbe volentieri a meno. Per carità, la procura fa il suo lavoro, ma a oggi si procede contro ignoti. L'unico sotto i riflettori è lui, Strazzella si trova oggi nella più scomoda e antipatica delle posizioni, come se fosse stato fra gli artefici del caos e non uno dei pochi ad aver cercato, nella confusione generale, di arginare quel delirio.
«Se permette sono stato fra i pochissimi a fare prevenzione e aiutare la collettività anche prima degli incidenti».
L'imprenditore dettaglia le attività svolte in quelle ore sfortunate: «Due miei dipendenti hanno gestito per tutta la giornata una coda lunghissima che partiva dal centro della piazza. Moltissime persone volevano usare i nostri bagni, visto che i servizi igienici pubblici di fatto erano inesistenti. E poi, pur in assenza di un divieto specifico, ho imposto al personale di non servire bevande nel vetro».
Strazzella si è dato da fare. Non si è limitato a svolgere il compitino. Ma togliere quel dehors sarebbe stato impossibile. «Ho 50 tavolini, 250 sedie e 9 ombrelloni ancorati a terra - ha spiegato a Repubblica - avrebbero dovuto informarmi prima, non all'ultimo minuto».
Non importa. L'avviso è stato recapitato. Il patron del San Carlo è indagato per inosservanza dei provvedimento dell'autorità.
La baraonda resta orfana di padre, i guai dell'imprenditore invece sono solo all'inizio.
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