Al Senato maggioranza a rischio: il Pd avvia la campagna acquisti

Renzi corre ai ripari dopo la rottura del Patto del Nazareno: arriva l'appoggio di Scelta Civica

Al Senato maggioranza a rischio: il Pd avvia la campagna acquisti

"Ha rotto Renzi, in tutti i sensi. Noi ci limitiamo a prendere atto della slealtà del premier. E queste cose si pagano". Intervistato da Repubblica il presidente dei deputati azzurri Renato Brunetta conferma la rottura del Patto del Nazareno e mette in guardia Matteo Renzi: "Ora voteremo quello che ci piace". In Aula è già iniziato l'ostruzionismo a oltranza e per il governo si prospettano tempi davvero difficili. Il premier sa bene che non può contare troppo sugli alfaniani e teme le ritorsioni della minoranza dem. Tanto che a Palazzo Chigi hanno già iniziato una campagna acquisti che gli permetta la creazione di una maggioranza alternativa. E i primi a passare dall'altro lato della barricata sembrano essere quelli di Scelta Civica. Infatti, è previsto per domani l’approdo dei senatori di Scelta civica al gruppo del Pd. L’operazione alla quale i dem stavano lavorando da diversi giorni ha subito un’accelerazione dopo l’apertura del segretario Matteo Renzi ad "un approdo comune". L’unico che non passerà nel partito democratico sarà Mario Monti che nei giorni scorsi aveva chiesto di essere iscritto al gruppo delle Autonomie ma che alla fine dovrebbe "trasferirsi" al Misto.

Tuttavia dentro Scelta Civica c'è chi è più scettico. "Domenica noi faremo il nostro congresso e se magari Renzi fa un salto riesce pure a spiegarci di quali approdi comuni parla e scusarsi con i nostri parlamentari. Trovarsi dentro ad un Pd guidato in questo modo deve essere difficile, entrarci su chiamata demenziale. Poi ognuno faccia quel che crede. Trovo stupefacente il comunicato del premier Matteo Renzi, per l’ occasione nella veste di segretario del Pd, in cui ringrazia i senatori di Scelta
civica per aver votato le riforme e il presidente della Repubblica. Mi risulta che anche i nostri deputati non siano mai stati da meno. Ma la classe non è acqua", ha dichiarato in una nota Enrico Zanetti, deputato di Scelta Civica.

"I numeri sono chiari - commenta Maurizio Gasparri in un intervento al Tempo - abbassino le penne Renzi e Boschi, arroganti da ridimensionare". A questo punto, nei delicati equilibri della maggioranza a Palazzo Madama, i 36 senatori del Nuovo centrodestra svolgono un ruolo determinante. Senza di loro, il governo sarebbe ben sotto l’asticella dei 160 voti che gli assicurano l’esistenza. Per esempio, alla fiducia del 3 dicembre sul Jobs act il governo contava 166 sì, solo 6 voti sopra la soglia della sopravvivenza politica. Nella geografia del Senato, resa mobile soprattutto dagli addii al gruppo di ben 18 parlamentari Cinque Stelle, gli equilibri potrebbero ancora cambiare, magari in favore del governo. "Non escludo che la consapevolezza che tanti parlamentari hanno acquisito il giorno dell’elezione del capo dello Stato - commenta il vicesegretario Pd Debora Serracchiani alla Telefonata - li renda consapevoli della responsabilità che hanno da qui a 2018". Ora i vertici del Nazareno guardano soprattutto a quei sei senatori che hanno votato per Sergio Mattarella.

Secondo i boatos del Palazzo, nuovi sostenitori all’esecutivo di Renzi potrebbero anche arrivare proprio dalle fila degli ex grillini che attualmente siedono nel Misto e dal gruppo di area centrodestra Grandi autonomie e libertà. Gal è infatti composto da quindici senatori, ma tra di loro ci sono i tre popolari di Mario Mauro, cinque parlamentari vicini a Forza Italia e Giulio Tremonti che è vicino alla Lega Nord. C'è, dunque, chi spera di ottenere tra questi sei voti potenzialmente "mobili" in favore del governo. Ma c’è anche chi sostiene che, nell’ipotesi, al momento remota, di un distacco di Ncd dal governo, altri voti potrebbero arrivare alla maggioranza dalle fila di Area popolare.

Quanto alle riforme, se l'alleanza tra Pd e Ncd dovesse tenere, Renzi potrebbe anche non avere bisogno del sostegno di Silvio Berlusconi. Ma sulla legge elettorale il distacco della minoranza democrat, con i 24 senatori che non hanno partecipato al voto, ha reso i voti di Forza Italia determinanti. Non è, infatti, un caso che, all'indomani della rottura del Patto del Nazareno il dissidente Vannino Chiti abbia chiesto una correzione delle riforme costituzionali e della legge elettorale "con o senza Forza Italia".

"Non ho mai condiviso il regalo a Forza Italia di una esclusività di rapporti e di una sorta di diritto di veto", ha detto facendo innervosire non poco i vertici del partito. Tanto che, a stretto giro, il renziano Andrea Marcucci gli ha risposto via Twitter: "Chi chiede di cambiare riforme ora, vorrebbe semplicemente non farle. L'Italicum non sarà modificato".

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