Una storia da far impallidire la vicenda Renzi o il caso Palamara. Tanto che anche questa meriterebbe un libro. Palazzo Madama solleva il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale, in merito alla vicenda delle intercettazioni «indirette» avvenute mentre l'ex senatore del Partito democratico Stefano Esposito era ancora un parlamentare.
Dieci anni in Parlamento e tre di questi, dal 2015 al 2018, ascoltato oltre 500 volte dai poliziotti notte e giorno sulla sua unica utenza telefonica, attraverso quella di un suo amico al quale hanno polverizzato vita professionale e familiare. Tutto inizia nel 2015 quando la procura di Torino apre un'inchiesta nei confronti di Giulio Muttoni, noto imprenditore dello spettacolo (definito «il re dei concerti») e amico di lunga data di Esposito, tanto da fare da padrino al battesimo di una delle figlie di quest'ultimo. Gli inquirenti indagano sull'azienda di Muttoni ipotizzando addirittura infiltrazioni mafiose.
Ma il colpo di scena è arrivato ieri. Via libera del Senato, con 117 voti a favore, 37 contrari e 8 astenuti, alla relazione della Giunta per le Immunità di Palazzo Madama che si è espressa duramente su questo caso. Palazzo Madama è arrivato addirittura a sollevare il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale.
Il senatore Giuseppe Cucca (Italia viva) illustrando la relazione, commenta: «Si è manifestata una palese violazione della Costituzione perché il senatore Esposito è stato sottoposto ad intercettazione dal 2015 al 2018 mentre era ancora senatore e quindi avrebbero dovuto chiedere un'autorizzazione preventiva. Quando è stato chiesto reiteratamente che venisse trasmesso tutto alla Giunta, il giudice prima non ha risposto e poi ne ha fatto una questione di merito disattendendo le richieste di un parlamentare».
A sorprendere tutti le parole del senatore Pietro Grasso, di solito molto schierato a favore delle toghe. Invece stavolta è stato proprio lui, prima in giunta e poi in aula, a chiedere la trasmissione degli atti al Csm.
«Sono molto avvilito dalle parole della rappresentante dei Cinquestelle Gallicchio che ha detto una montagna di sciocchezze offensive per l'intero Parlamento facendo riferimento alla mafia e per questo anche duramente ripresa dal presidente Calderoli», conclude Cucca.
L'ex senatore Esposito è demoralizzato da tanta superficialità: «Certamente siamo di fronte a una delle vicende più clamorose di violazione dell'articolo 68 che si siano mai verificate. Ciò che ha detto Grasso è esemplificativo della gravità della situazione. Lui che è da sempre un giustizialista chiede di avviare un procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati, clamoroso. Io e Grasso abbiamo litigato violentemente quindi mai mi sarei aspettato questa attenzione ma lui in quanto ex magistrato è l'unico che in giunta legge le carte. Quando ha visto la prima proroga di indagini ha capito tutto. Per tre anni prima il pm e poi il gip hanno intercettato un mio amico per ascoltare me, un parlamentare, e senza chiedere l'autorizzazione alla Camera di appartenenza, violando tutte le norme, ci rendiamo conto? Così si sta costruendo una norma consolidata per cui la magistratura può intercettare chiunque e quando vuole. Ho anche chiesto copia delle intercettazioni ma me le hanno negate dicendo che c'è la privacy, ma quale privacy, la mia! Hanno cercato di associarmi alla mafia senza riuscirci perché ero sostenitore della Tav».
Adesso la presidente Casellati deve
trasmettere gli atti al ministro della Giustizia, al Csm e al procuratore della Cassazione. Il 19 luglio c'è la prima udienza del processo. E sul tavolo c'è l'annullamento del decreto del rinvio a giudizio. Si ricomincia da capo?
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